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Garante persone sottoposte a privazione della libertà, presentato il rapporto 2018

I dati, le principali criticità, le proposte di intervento e l'attività della struttura regionale illustrati oggi presso la sede del Consiglio regionale del Lazio.
Il logo del Garante.07/05/2019
“Tendenze, politiche e criticità della privazione della libertà nel Lazio”. Questo il titolo dell’appuntamento di oggi in sala Mechelli alla Pisana, per la presentazione della relazione annuale 2018 del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale del Lazio. La relazione, che riguarda l’attività svolta e i risultati ottenuti nell’anno passato, viene presentata agli organi regionali ai sensi dell’articolo 7 della legge regionale n. 31 del 2003, ma costituisce anche l’occasione per fare il punto della situazione nelle carceri del Lazio e in generale di tutte le misure e le strutture alternative al mondo carcerario. 6534 detenuti nel Lazio a fronte di 5256 posti disponibili nelle strutture: questo il primo dato che balza agli occhi, a conferma della cronica insufficienza dei posti rispetto alle esigenze e da cui scaturisce il problema del sovraffollamento carcerario. Il Lazio è la terza Regione per numero di detenuti, dopo la Lombardia e la Campania; la maggior parte dei detenuti sono tali in esecuzione di condanne definitive.

Un altro tema importante è costituito dalla presenza forte di stranieri nelle carceri: a tale proposito, la fotografia presenta un aspetto di precarietà, per il fatto che le politiche sul tema sono soggette a cambiamenti di natura politica. La forte incidenza di stranieri riguarda anche l'istituto di pena per minori, il che testimonia di una maggiore difficoltà per essi di accedere a misure alternative alla detenzione.. Per quanto riguarda il centro di permanenza per il rimpatrio di Ponte Galeria, gli accessi ad esso sono comunque diminuiti nel 2018 rispetto all'anno precedente, tornando ai livelli del 2016, ma va considerato che si tratta solo di donne, al momento, poiché la sezione maschile è attualmente chiusa (dovrebbe riaprire a breve).

Altra problematica di notevole importanza, quella del rapporto tra misure penali e salute mentale: da questo punto di vista occorre dire che molto si è lavorato nel Lazio sulle Rems. Sono cinque strutture, in cui risultano residenti 84 persone. La quota più rilevante è costituita da quelle che scontano misure definitive, cosa abbastanza normale in considerazione delle caratteristiche stesse del percorso, che mal si adatta alle incertezze di un procedimento in corso. Segnale importante è la riduzione delle liste di attesa delle persone che attendono di fare ingresso nelle Rems, da 70 a 52, ma su questo si aspira a fare ancora meglio. Segnalato anche nel rapporto un calo costante dei ricoveri con Tso nel Lazio, nel periodo 2013-2017.

Per quanto riguarda le attività di monitoraggio del Garante, esse si sono concentrate in particolare sui casi di maltrattamento segnalati in alcuni istituti di detenzione, su tutti quello di Viterbo. Importante però anche l'attività del Garante a proposito dei percorsi di studio, poiché nel Lazio ci sono un quarto di tutti i detenuti italiani iscritti all'università. Ma ovviamente è forte anche la richiesta di assistenza al Garante per le questioni legate all'assistenza sanitaria dei detenuti, problema molto sentito e che ha ricadute sul tema della carenza di personale penitenziario.

Le criticità rilevate sono principalmente relative alle strutture carcerarie; da registrare però purtroppo anche un calo dell'offerta di lavoro retribuito e specializzato per la popolazione detenuta, che si inquadra nella tendenza generale in materia di occupazione. Ambivalenti si presentano i dati su morti e suicidi in carcere: su questo, la soluzione resta la prevenzione, per un fenomeno che difficilmente è cancellabile, vista l’indubbia caratteristica di luogo di sofferenza rivestita dal carcere.

Dal punto di vista propositivo, importante può essere il contributo al miglioramento della situazione carceraria da parte delle regioni, come è stato dimostrato di recente nel Lazio con l’approvazione del “piano sociale”. Sarebbe anche importante incrementare il discorso dell'integrazione sociosanitaria in carcere, magari attraverso punti unici di accesso all'interno delle strutture. Discorso a parte merita la questione delle misure alternative, poiché nel Lazio il 30 per cento dei detenuti sconta pene inferiori ai tre anni: percorsi di reinserimento ad hoc potrebbero quindi alleggerire la situazione di sovraffollamento.

 

  A cura dell'Ufficio stampa del Consiglio Regionale del Lazio

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