L.R. 10 Agosto 2016, n. 11 |
Sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali della Regione Lazio (1) |
SOMMARIO
Art. 14 - (Politiche in favore degli immigrati e di altre minoranze) Art. 15 - (Politiche in favore delle persone vittime di violenza e maltrattamenti e delle donne gestanti o madri in situazione di disagio sociale) Art. 16 - (Politiche in favore delle persone sottoposte a provvedimenti penali) Art. 17 - (Politiche in favore delle persone dimesse dagli ospedali psichiatrici giudiziari) Art. 18 - (Politiche in favore delle persone senza dimora) Art. 19 - (Politiche per la prevenzione e il trattamento delle dipendenze) Art. 20 - (Politiche abitative e rigenerazione urbana) Art. 21 - (Politiche per l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate) CAPO III - INTERVENTI E SERVIZI DEL SISTEMA INTEGRATO Art. 22 - (Livelli essenziali delle prestazioni sociali) Art. 23 - (Servizio di segretariato sociale) Art. 24 - (Servizio sociale professionale) Art. 25 - (Assistenza economica e assegni di cura) Art. 26 - (Servizio di assistenza domiciliare) Art. 27 - (Servizio di mensa sociale e di accoglienza notturna) Art. 28 - (Centro diurno e centro anziani) Art. 29 - (Servizi per la vacanza) Art. 30 - (Servizio di emergenza e pronto intervento assistenziale) Art. 31 - (Strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale) Art. 32 - (Autorizzazione e accreditamento) Art. 32bis (Elenchi regionali delle strutture e dei servizi autorizzati e delle strutture e dei servizi accreditati) CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1 (Oggetto) 1. La Regione, per la definizione e la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, si ispira ai principi ed ai valori contenuti nella Costituzione, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nella Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, ratificata con legge del 27 maggio 1991, n. 176, nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18, nella Carta dei diritti dell’anziano (EISS, 1995), nella risoluzione del Parlamento europeo del 22 aprile 2008 sul contributo volontario alla coesione economica e sociale (2007/2149 INI), nella legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) e successive modifiche e nello Statuto, con particolare riguardo agli articoli 6 e 7, nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, nonché degli obiettivi della strategia Europa 2020 sull’inclusione sociale. La Regione, sostiene e garantisce i diritti e i doveri di cittadinanza sociale, la qualità della vita delle persone, delle famiglie e delle comunità, l’autonomia individuale, la coesione sociale, l'eliminazione e la riduzione delle condizioni di disagio e di esclusione, richiamandosi ai valori di cui all’articolo 3 della Costituzione, per la costruzione di una cittadinanza attiva. Art. 2
(Finalità)
k bis) rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono la piena accessibilità e fruibilità nonché un uso flessibile ed intuitivo degli spazi e dei servizi pubblici e privati per le persone con disabilità permanente o temporanea, per le persone anziane e per le donne gestanti. (1a)
Art. 3 (Definizione del sistema integrato) 1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali, di seguito denominato sistema integrato, è il complesso di prestazioni sociali in favore della persona, risultante dalla cooperazione dei soggetti di cui al capo IV. 2. Il sistema integrato ha carattere di universalità degli interventi, diretti alla generalità della popolazione ed omogeneità dei livelli essenziali delle prestazioni sociali nel territorio, si basa sui principi di cooperazione e promozione della cittadinanza sociale ed è volto a garantire il pieno rispetto dei diritti nonché il sostegno delle persone, delle famiglie, delle formazioni sociali e delle responsabilità dei soggetti istituzionali e sociali per la costruzione di una comunità solidale. 3. La Regione e gli enti locali sono tenuti a realizzare il sistema integrato che deve garantire i livelli di prestazioni fissati nella programmazione regionale consentendo il pieno esercizio del diritto soggettivo riconosciuto dalla legge. 4. Il sistema integrato disciplina le attività relative alla predisposizione ed erogazione di interventi e servizi sociali, gratuiti o con partecipazione alla spesa, nonché di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno, di disagio e di difficoltà della persona umana nelle varie situazioni e condizioni di vita. Gli interventi e i servizi del sistema integrato sono effettuati secondo le modalità indicate nel piano regionale degli interventi e dei servizi sociali e nei piani sociali di zona di cui rispettivamente agli articoli 46 e 48. 1. Il sistema integrato persegue i prioritari obiettivi: a) rispetto della dignità della persona, della riservatezza sulle informazioni che la riguardano e del suo diritto di scelta fra le prestazioni erogabili; b) riconoscimento della centralità della persona quale prima destinataria degli interventi e dei servizi e del ruolo della famiglia quale soggetto primario e ambito di riferimento unitario per gli interventi e i servizi medesimi; c) universalità dell’offerta dei servizi e garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio regionale; d) interventi finalizzati al contrasto della povertà e al sostegno del reddito, anche attraverso il riconoscimento del reddito minimo garantito, al fine di prevenire, superare o ridurre le condizioni di bisogno, con particolare riferimento alle persone senza dimora, compresi i padri separati; e) mantenimento a domicilio delle persone anziane, delle persone disabili e di quelle con disagio psichico e sostegno alle famiglie che si fanno carico del bisogno di cura; f) tutela dei minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine o l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, quale intervento residuale in caso di inapplicabilità o inefficacia di altri interventi; g) sostegno della maternità e della paternità con particolare riguardo alle situazioni di disagio economico, sociale e psicologico nonché delle politiche demografiche; h) promozione dell’integrazione sociale nelle politiche migratorie per favorire una migliore qualità della vita e la convivenza civile e ordinata delle comunità; i) integrazione sociale e lavorativa delle persone con disabilità, delle persone con disagio psichico e di tutte le persone in condizione di svantaggio; j) contrasto di tutte le forme di dipendenza e realizzazione di interventi che favoriscono la prevenzione, il trattamento, il reinserimento e l’integrazione sociale delle persone con problemi di dipendenza; k) soddisfacimento delle esigenze di tutela residenziale per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o della limitazione dell’autonomia, non possono più permanere nel proprio domicilio anche sperimentando nuove forme di residenzialità; l) informazione completa per garantire il corretto accesso ai servizi del sistema integrato; m) valorizzazione del ruolo della famiglia, quale nucleo fondamentale delle comunità locali per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona, anche al fine di rendere effettivo il diritto alla domiciliarità; n) promozione dell’armonico sviluppo psicofisico e relazionale dei minori; o) realizzazione di interventi e servizi orientati ai bisogni ed al benessere psicologico e sociale dei singoli, delle famiglie, dei gruppi sociali e delle comunità volti ad assicurare pari opportunità, inclusione sociale e la necessità di eliminare le discriminazioni di genere; p) prevenzione e rimozione delle cause di ordine economico, psicologico, culturale, relazionale, ambientale e sociale che possono determinare situazioni di disagio e di bisogno o fenomeni di emarginazione anche mediante la promozione di servizi proattivi e preventivi all’insorgenza dei sintomi di disagio e generare fenomeni di esclusione dal diritto ad una occupazione dignitosa e non precaria; q) promozione di interventi che favoriscano l’inclusione sociale e l’inserimento, scolastico e lavorativo di persone e gruppi a rischio di emarginazione ed esclusione sociale e che promuovano azioni integrate atte a garantire il diritto all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita; r) promozione di interventi volti a sostenere la vita indipendente delle persone in condizioni di non autosufficienza o con limitata autonomia, quali le persone anziane, le persone disabili e quelle con disagio psichico, attraverso servizi che favoriscano l’autonomia e il mantenimento a domicilio e il sostegno alle famiglie; s) protezione e tutela giuridica dei soggetti incapaci di provvedere a sé stessi quando mancano o non intervengono coloro cui la legge attribuisce tale compito anche attraverso la promozione e la valorizzazione dell’istituto dell’amministratore di sostegno di cui gli articoli 404 e seguenti del codice civile; t) promozione dei doveri di solidarietà sociale, favorendo l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli o associati, nonché le iniziative di reciprocità e di auto-aiuto delle persone, delle famiglie e delle formazioni sociali; u) promozione della convivenza e della coesione sociale, della prevenzione e gestione dei conflitti individuali e sociali anche attraverso attività di mediazione sociale, culturale, comunitaria e di pratica collaborativa; v) aiuto alla maternità alle donne in situazione di disagio economico e sociale; w) prevenzione, rimozione e gestione delle situazioni e condizioni di conflitto familiare e di marginalità sociale, specie nei casi di minori sottoposti a procedimento penale minorile, anche a mezzo attività e sensibilizzazione allo sviluppo della consulenza e della mediazione familiare, della pratica collaborativa e della mediazione penale minorile ed attraverso percorsi formativi di educazione alla legalità ed alla gestione della conflittualità e specifici interventi volti alla gestione e alla riduzione dell’alta conflittualità nelle situazioni di separazione familiare; x) valorizzazione del protagonismo e della partecipazione diretta delle comunità locali, intese come sistemi di relazione tra persone, istituzioni, famiglie e organizzazioni sociali, attraverso interventi specifici tesi a favorire la cittadinanza attiva, responsabile e lo sviluppo locale e comunitario; y) verifica della qualità degli interventi e dei servizi sociali, che devono essere improntati a criteri di efficacia, efficienza, trasparenza e partecipazione di tutti i soggetti portatori di interesse e alla soddisfazione degli utenti; z) differenziazione degli interventi e dei servizi per garantire la pluralità di offerta e il diritto di scelta da parte degli interessati; aa) cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed i soggetti pubblici e privati, inclusi quelli del terzo settore di cui all’articolo 39; bb) esclusione della monetizzazione dei servizi, ove non finalizzata ad una più efficace risposta al bisogno. 1. Il sistema integrato persegue i seguenti principi: a) centralità della persona prima destinataria degli interventi e dei servizi; b) rispetto della dignità e del diritto alla riservatezza degli utenti; c) universalità dell’offerta dei servizi e garanzia dei livelli essenziali di prestazioni su tutto il territorio regionale; d) promozione di servizi che favoriscono il mantenimento, l’inserimento ed il reinserimento familiare, scolastico, lavorativo e sociale di persone a rischio di emarginazione, di disagio ed esclusione sociale; (01) e) promozione dell’autonomia e della vita indipendente, con particolare riferimento al sostegno alle scelte di permanenza al proprio domicilio delle persone in condizioni di non autosufficienza o con limitata autonomia; f) promozione dell’armonico sviluppo psicofisico e relazionale dei minori riconoscendo nello sport e nell’attività motoria strumento prioritario; g) promozione della solidarietà sociale, favorendo l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli o associati, nonché le iniziative di reciprocità e di auto-aiuto delle persone, delle famiglie e delle comunità; h) prevenzione, contrasto e rimozione dei fattori che determinano l’emarginazione e/o il disadattamento; i) garanzia del diritto dei cittadini a non essere separati dalla propria famiglia e allontanati dalla propria comunità locale, attuando concrete forme di deistituzionalizzazione e limitando gli interventi di ricovero ai soli casi in cui ciò si renda necessario; j) rispetto delle opzioni individuali dei cittadini utenti in rapporto alle risposte socio-assistenziali esistenti; k) utilizzo delle esperienze della società civile nella pluralità delle sue espressioni per il conseguimento delle finalità di cui alla presente legge; l) promozione delle più ampie forme di partecipazione dei cittadini utenti alla gestione dei servizi; m) effettività ed efficacia delle prestazioni erogate; n) solidarietà sociale ai sensi degli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione. 2. Il sistema integrato è organizzato con i seguenti criteri organizzativi: a) flessibilità e personalizzazione dei servizi; b) sussidiarietà orizzontale e verticale ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione; c) individuazione dell’ambito distrettuale quale livello territoriale ottimale per l’organizzazione e la gestione del sistema integrato; d) integrazione istituzionale, gestionale ed operativa del sistema integrato con le prestazioni e gli interventi sanitari, e integrazione con le politiche attive del lavoro, dell’immigrazione, abitative, ambientali, della sicurezza dei cittadini, culturali, educative, ricreative, sportive e del tempo libero; e) programmazione, progettazione, realizzazione, verifica e monitoraggio degli interventi e dei servizi, che devono essere gestiti secondo criteri di efficacia, efficienza, trasparenza e soddisfazione degli utenti; f) partecipazione attiva dei cittadini, partecipazione delle organizzazioni sociali ai processi di programmazione e coprogettazione degli interventi e dei servizi, concertazione con le organizzazioni sindacali. Art. 6 (Accesso al sistema integrato) 1. Accedono al sistema integrato, attraverso la presa in carico, sulla base della valutazione professionale del bisogno e della conseguente definizione del piano personalizzato di assistenza di cui all’articolo 9: a) i cittadini residenti nei comuni della Regione, senza distinzione di carattere politico, religioso, ideologico, sessuale, etnico e di provenienza, economico e sociale; b) i minori stranieri non accompagnati che si trovano, per qualsiasi causa, nel territorio regionale privi di assistenza e rappresentanza legale; c) minori stranieri, figli di genitori non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno; d) le donne straniere in stato di gravidanza e nei sei mesi successivi al parto, indipendentemente dallo status giuridico e dalla provenienza; e) i cittadini di stati appartenenti e non appartenenti all'Unione europea, inclusi gli apolidi, i richiedenti asilo ed i rifugiati, regolarmente soggiornanti ai sensi della normativa vigente, che risiedono o sono domiciliati nel territorio regionale; f) i cittadini stranieri immigrati in attesa della conclusione del procedimento di regolarizzazione ai sensi del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) e successive modifiche; g) i minori e gli adulti sottoposti a provvedimenti penali e alle misure alternative alla detenzione di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) e successive modifiche; h) le persone dimesse dagli ospedali psichiatrici giudiziari; i) le persone senza dimora; j) le persone con disagio psichico in carico presso i dipartimenti di salute mentale; k) le persone diverse da quelle indicate nelle lettere d) ed e), comunque presenti sul territorio della Regione, allorché si trovino in situazioni tali da esigere interventi non differibili e non sia possibile indirizzarli ai corrispondenti servizi della Regione o dello Stato di appartenenza. Sono sempre garantite la tutela della maternità consapevole e della gravidanza e la tutela delle condizioni di salute e sociali del minore. 2. I soggetti che non rientrano nelle categorie di cui al comma 1, presenti nel territorio della Regione, allorché si trovino in situazioni tali da esigere interventi non differibili e nell’impossibilità di essere indirizzati ai corrispondenti servizi della Regione o dello Stato di appartenenza, hanno diritto di accedere al sistema integrato secondo le procedure definite dalla programmazione regionale e locale. 3. Accedono altresì al sistema integrato le famiglie nonché i nuclei di persone legate da vincoli di parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, purché aventi coabitazione abituale e continuativa e dimora nello stesso comune, come previsto dall’articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 (Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente). 4. Accedono prioritariamente al sistema integrato le persone che versano nelle seguenti condizioni: a) povertà o situazione economica disagiata; b) incapacità fisica, psichica o sensoriale, totale o parziale, a provvedere alle proprie esigenze con particolare riguardo a chi è privo di tutela familiare; c) non autosufficienza dovuta all’età o alla malattia; d) difficoltà all’inserimento nella vita sociale attiva, nel mercato del lavoro e nella frequenza scolastica obbligatoria; e) sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali. 5. I parametri per la valutazione delle condizioni di cui al comma 4 ed i relativi tempi per l’attuazione sono definiti dai comuni sulla base dei criteri univoci e omogenei stabiliti dal piano regionale degli interventi e dei servizi sociali di cui all’articolo 46, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione dello stesso. Art. 7 (Diritti degli utenti) 1. La Regione riconosce agli utenti del sistema integrato: a) il diritto ad essere compiutamente informati sulla disponibilità delle prestazioni socio-assistenziali, sui requisiti per l’accesso, sulle condizioni e sui criteri di priorità, sulle procedure e modalità di erogazione, nonché sulle possibilità di scelta delle stesse; b) il diritto ad esprimere il consenso informato sulle prestazioni e, in particolare, sui ricoveri in strutture residenziali di cui alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 41 (Norme in materia di autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali) e successive modifiche, salvo i casi previsti dalla normativa vigente in materia; c) il diritto alla riservatezza ed al segreto professionale degli operatori; d) il diritto a partecipare alla scelta delle prestazioni, compatibilmente con le disponibilità esistenti. 2. Per i soggetti di cui all'articolo 6, il servizio sociale professionale assicura la definizione del piano personalizzato di assistenza di cui all’articolo 9 e l'erogazione delle prestazioni. 3. Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali di cui all'articolo 31, nonché presso le strutture socio-sanitarie di cui alla legge regionale 3 marzo 2003, n. 4 (Norme in materia di autorizzazione alla realizzazione di strutture e all’esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie, di accreditamento istituzionale e di accordi contrattuali) e successive modifiche, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli oneri per le prestazioni sociali erogate. 4. Per i minori è competente il comune nel quale risiede il minore, ovvero il comune nel cui territorio si è manifestata la necessità d’intervento, qualora il minore non sia residente nel Lazio. Per le prestazioni e i servizi rivolti ai soggetti di cui all’articolo 6, comma 2, è competente il comune nel cui territorio si è manifestata la necessità di intervento. Art. 8 (Sistema integrato e welfare comunitario) 1. Gli interventi di promozione della convivenza e della coesione sociale, della prevenzione e gestione dei conflitti individuali e sociali, realizzati anche attraverso attività di mediazione sociale, culturale e comunitaria, rappresentano elementi essenziali del sistema integrato. 2. Gli interventi di cui al comma 1 e quelli che valorizzano il protagonismo e la partecipazione diretta delle comunità locali, anche ai fini dello sviluppo e della salvaguardia delle tradizioni e delle tipicità, attraverso l’aggregazione, la cittadinanza attiva e responsabile, lo sviluppo locale e comunitario, costituiscono parte integrante dei piani sociali di zona di cui all’articolo 48. Art. 9 (Piano personalizzato di assistenza) 1. Il piano personalizzato di assistenza, di seguito denominato piano personalizzato, è predisposto, d’intesa con il beneficiario, con il suo tutore legale o eventualmente con i suoi familiari, dal servizio sociale professionale di cui all’articolo 24, in collaborazione con le competenti strutture delle aziende sanitarie locali, al fine di coordinare ed integrare gli interventi, i servizi e le prestazioni del sistema integrato ed indica in particolare: a) gli obiettivi da raggiungere; b) la tipologia e l’intensità della risposta assistenziale; c) le prestazioni da erogare, prevedendone la cadenza, la continuità, l’efficacia, la durata ed il costo; d) le figure professionali coinvolte negli interventi; e) l’indicazione di un responsabile della gestione coordinata degli interventi; f) le modalità ed i parametri di valutazione degli interventi. 2. La Regione riconosce la piena integrazione scolastica, lavorativa, sociale e familiare della persona con disabilità, partendo da un’analisi completa di tutte le variabili, oggettive e soggettive, che ruotano attorno alla persona con disabilità, attraverso piani individuali di cui all’articolo 14 della l. 328/2000. 3. Il piano personalizzato di assistenza, in presenza di bisogni complessi che richiedono l’intervento di diversi servizi ed operatori, è predisposto in base ad una valutazione multidimensionale della situazione della persona, tenendo conto della natura del bisogno, della complessità, dell’intensità e della durata dell’intervento assistenziale. Il piano personalizzato a seguito della sua predisposizione iniziale, viene successivamente migliorato ed integrato attraverso la raccolta periodica delle valutazioni degli effetti espresse dall’assistito, dai suoi familiari o da chi ne eserciti la tutela. 1. Il sistema integrato, in attuazione dell’articolo 7, comma 2, lettera b), dello Statuto, valorizza e sostiene il ruolo della famiglia nella formazione e cura della persona durante tutto l’arco della vita, nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale e garantisce alla persona minore di età la protezione e gli interventi necessari ad un pieno e armonioso sviluppo psicofisico. 2. Le politiche in favore della famiglia anche in coerenza con gli obiettivi di cui all’articolo 2 della legge regionale 7 dicembre 2001, n. 32 (Interventi a sostegno della famiglia) sono perseguite, in particolare, attraverso interventi e servizi riguardanti: a) il sostegno alla genitorialità; b) l’educazione e la promozione alla maternità ed alla paternità libere e responsabili nonché la tutela sociale della gravidanza e della maternità nelle sue diverse fasi; c) il sostegno alle famiglie in condizioni di disagio socio economico con particolare riguardo alle famiglie numerose ai sensi dell’articolo 31 della Costituzione; d) il sostegno ai nuclei monoparentali e alle ragazze madri, promuovendo l’accesso al lavoro, ai servizi sociali, sanitari, nonché soluzioni abitative e modelli innovativi di accoglienza alloggiativa; e) il sostegno nei casi di abusi fisici e psicologici all’interno o all’esterno dell’ambito familiare e/o scolastico, nei fenomeni di bullismo o cyber bullismo, negli abusi sui minori attraverso internet, nonché alla prevenzione di tutti quei rischi derivanti da un uso improprio di internet da parte dei minori che determina la visione inappropriata di contenuti, contatti o discriminazioni che generano uno squilibrio psichico o sociale nella crescita o nei rapporti interpersonali fra minori; f) la consulenza e la mediazione familiare; g) la promozione della pratica collaborativa nei casi di cui all’articolo 337 bis del codice civile; h) il sostegno ed il sollievo per le famiglie che si fanno carico dei percorsi per la cura e per l’assistenza di persone con disabilità o non autosufficienti o con disagio psichico e di minori in affidamento; i) l’auto-organizzazione tra famiglie nella creazione di reti di solidarietà a supporto delle responsabilità educative e sociali familiari, anche in collaborazione con le parrocchie attraverso le attività di oratorio di cui alla legge regionale 13 giugno 2001, n. 13 (Riconoscimento della funzione sociale ed educativa degli oratori) e successive modifiche; l) l’armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro con gli impegni di cura familiare, incentivando, ove possibile, il telelavoro; m) la facilitazione dell’accesso ai servizi ed alle prestazioni erogate in base alla presente legge; n) gli interventi rivolti alla prevenzione delle condizioni di forte disagio familiare che conducono ad abusi psicologici nelle diverse forme e che rappresentano un danno alla crescita equilibrata del bambino; o) le pari opportunità tra donne e uomini, adottando azioni positive volte alla popolazione femminile e maschile e comunque politiche rispettose dei due generi; p) la promozione della corretta alimentazione come prevista dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), in particolare relativamente alla disponibilità quantitativa di cibo, all’accesso fisico, economico e sociale ed al suo corretto utilizzo; q) la promozione di interventi finalizzati al recupero e alla conservazione dell’autonomia e di un’esistenza dignitosa di coniugi separati o divorziati in condizioni di disagio, in particolare con figli minori o con figli maggiorenni con disabilità; r) la promozione di interventi di sostegno alle politiche abitative a favore dei coniugi separati o divorziati in condizioni di disagio economico che, a seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria, sono obbligati al versamento dell’assegno di mantenimento dei figli e non sono assegnatari o, comunque, non hanno la disponibilità della casa familiare in cui risiedono i figli, anche se di proprietà dei medesimi coniugi; s) la promozione di iniziative e progetti finalizzati a sostenere e agevolare l’inserimento o il reinserimento lavorativo dei padri separati; t) la valorizzazione dell’associazionismo familiare; u) le iniziative dirette a sostenere le adozioni internazionali, anche attraverso l’istituzione di un servizio che faciliti le procedure previste dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia) e successive modifiche, attivato direttamente dalla Regione o mediante convenzione con altri enti; v) le iniziative dirette a sostenere i familiari di persone scomparse, anche attraverso il coinvolgimento dei soggetti del terzo settore presenti sul territorio. 3. Le politiche in favore dei minori sono perseguite, in particolare, attraverso interventi e servizi riguardanti: a) la tempestiva segnalazione dello stato di abbandono e di tutte le condizioni che pregiudicano il benessere psicofisico di una persona minore di età da parte dei servizi di assistenza all’autorità giudiziaria competente al fine dell’adozione dei provvedimenti previsti dal titolo X del libro I del codice civile; b) le strategie di prevenzione e contrasto al consumo di droghe, anche in linea con quanto previsto all’articolo 19; c) la collaborazione con l’autorità giudiziaria competente e con i servizi minorili del Ministero della giustizia a tutela dei minori in stato di abbandono o maltrattati o sottoposti a procedimenti penali; d) l’assistenza domiciliare di tipo socio educativo, in raccordo con i servizi territoriali scolastici e con il coinvolgimento dei soggetti del terzo settore; e) il diritto allo studio e alla libertà di scelta educativa, nonché alla pratica sportiva, al fine di favorire il superamento delle limitazioni derivanti da condizioni di disagio economico e disabilità, comprese le attività finalizzate alla prevenzione ed al recupero degli abbandoni e della dispersione scolastica dei minori; f) il potenziamento dei servizi e la promozione di attività ludiche per la prima infanzia; g) la promozione dell’affidamento temporaneo; h) i percorsi per l’adozione nazionale ed internazionale anche attraverso azioni di informazione e sensibilizzazione; i) il contrasto al maltrattamento fisico verso i minori, nonché sulla prevenzione delle condizioni di forte disagio familiare, già segnalate alle strutture territoriali sociosanitarie, che conducono ad abusi psicologici nelle loro diverse forme e che rappresentano un danno alla crescita equilibrata del bambino; l) il controllo continuo degli istituti deputati alla custodia temporanea dei bambini; m) la lotta alla pedofilia, alla pornografia minorile, allo sfruttamento della prostituzione minorile; n) il contrasto, in tutte le sue forme, alla pedopornografia tramite internet; o) la valorizzazione del ruolo attivo delle famiglie nella formazione di proposte e progetti per l’offerta dei servizi e nella valutazione dei medesimi. 4. La Regione, al fine di assicurare la piena attuazione dei diritti riconosciuti ai minori, si avvale della collaborazione del Garante dell’infanzia e dell’adolescenza di cui alla legge regionale 28 ottobre 2002, n. 38 (Istituzione del garante dell’infanzia e dell’adolescenza) e successive modifiche nonché della collaborazione e della consultazione dell’Osservatorio regionale permanente sulle famiglie istituito ai sensi dell’articolo 72 dello Statuto. 5. Gli enti locali, le aziende sanitarie locali, i servizi pubblici e le organizzazioni del privato sociale che hanno competenza sui minori collaborano e forniscono al Garante dell’infanzia e dell’adolescenza ogni utile supporto per la tutela dei diritti dei minori, in particolar modo con riferimento alla prevenzione ed al trattamento dell’abuso e del maltrattamento. 6. La Regione, per le finalità di cui al comma 4, si avvale della relazione annuale del Garante dell’infanzia e dell’adolescenza di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b) della l.r. 38/2002. Art. 11
(Politiche in favore di bambini e adolescenti per la prevenzione e il trattamento del disagio psicopatologico) 1. ll sistema integrato sostiene la promozione del benessere e garantisce al minore la protezione e gli interventi di cura necessari per il disagio psichico. 2. Le politiche in favore delle persone di cui al comma 1 sono perseguite, in particolare, attraverso interventi e servizi riguardanti: a) percorsi volti a rimuovere ogni forma di emarginazione sociale e ambientale dei nuclei con minori con disturbi psicopatologici; b) assistenza personale attraverso organismi accreditati per l’aiuto alla persona nell’inserimento sociale, scolastico e per il tirocinio formativo; c) realizzazione di percorsi con i servizi deputati alla cura di giovani e adulti con disturbi psichiatrici e psicopatologici di integrazione con i servizi sociali per i minori; d) specifiche forme di sostegno e accoglienza in strutture dedicate agli adolescenti: 1) centri socio-educativi; 2) comunità alloggio per percorsi di semi-autonomia; e) laboratori sociali integrati con altre forme di socializzazione disponibili sul territorio per lo sviluppo dell’autonomia e dell’inclusione sociale; f) percorsi con le istituzioni scolastiche, servizi sociali e aziende sanitarie locali attraverso progetti mirati e volti ad intercettare precocemente segnali predittivi di una possibile evoluzione psicopatologica; g) percorsi di tutoraggio alle famiglie nella gestione degli adolescenti con problematiche psichiche. 1. Il sistema integrato sostiene il diritto delle persone con disabilità o con disagio psichico alla piena integrazione e partecipazione sociale, anche favorendo l'esercizio della scelta da parte dei cittadini in situazione di grave disabilità. 2. Le politiche in favore delle persone di cui al comma 1 sono perseguite anche con l’ausilio delle nuove tecnologie prioritariamente attraverso interventi e servizi riguardanti: a) percorsi tendenti a rimuovere ogni forma di emarginazione sociale e ambientale dei nuclei familiari con persone con disabilità o disagio psichico a carico; b) assistenza personale, per l’aiuto alla persona nella gestione della vita quotidiana, per l’accompagno, la mobilità, l’inserimento sociale, scolastico e lavorativo; c) realizzazione di reti di sostegno e di strutture residenziali di tipo familiare all’interno della comunità, a favore di persone con grave disabilità e delle persone con sofferenza psichica prive di adeguato sostegno familiare per interventi del prima e del dopo di noi. In tale contesto sono promossi interventi ed azioni mirati alla fase del durante noi, al fine di garantire la progressiva presa in carico della persona con disabilità, anche grave, durante l'esistenza in vita dei genitori, rafforzando quanto previsto in tema di progetti individuali per le persone disabili nonché di favorire la deistituzionalizzazione dei servizi alla persona e assicurare la continuità di cura, la dignità e l’autonomia della persona con disabilità priva di sostegno familiare; d) laboratori sociali integrati con altre forme di socializzazione disponibili nel territorio, per lo sviluppo dell’autonomia e l’inclusione sociale della persona, comprese le iniziative di agricoltura sociale di cui all’articolo 21, comma 4, lettera b); e) percorsi tendenti a promuovere la mobilità, la vita e l’abitare indipendente e ad acquisire la massima autonomia possibile, anche con la realizzazione di centri per la vita indipendente, gestiti direttamente da organizzazioni di persone con disabilità o con disagio psichico con il compito di promuovere e sostenere forme di auto-organizzazione e garantiti anche dopo l’eventuale decesso dei familiari di primo grado; f) sensibilizzazione della società e delle famiglie sui diritti delle persone con disabilità o con disagio psichico, anche attraverso interventi specifici di promozione nonché attraverso l’istituzione di uno sportello regionale presso la struttura regionale competente in materia di politiche sociali, volto a fornire informazioni e supporto tecnico alle associazioni dei familiari delle persone con disabilità e del volontariato sulle misure e i contributi previsti dai bandi regionali; (1.1) g) costituzione di gruppi di auto-mutuo-aiuto e di reti territoriali per il sostegno e lo sviluppo dell’associazionismo familiare; h) percorsi e servizi specifici per minori con disabilità o con disagio psichico che prevedano l’integrazione con i servizi scolastici, educativi e gli altri servizi sociali per minori, anche attraverso specifiche forme di sostegno e accoglienza in strutture dedicate, soprattutto nei casi di disabilità grave; i) percorsi di inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro, anche attraverso la programmazione/la promozione di corsi di formazione e di qualificazione professionale; j) realizzazione e implementazione, laddove esistenti, di strutture diurne per persone con disabilità di età superiore ai diciotto anni, al fine di favorirne l’integrazione e la socialità. 3. La Regione, al fine di promuovere la partecipazione attiva delle persone con disabilità e con disagio psichico alla vita della collettività e alla programmazione degli interventi in loro favore, si avvale dell’apporto della Consulta per i problemi della disabilità e dell’handicap di cui alla legge regionale 3 novembre 2003, n. 36 (Consulta per i problemi della disabilità e dell'handicap), e successive modifiche nonché della Consulta regionale per la salute mentale di cui alla legge regionale 3 luglio 2006, n. 6 (Istituzione della Consulta regionale per la salute mentale) e successive modifiche. 4. La Regione, al fine di diffondere una cultura attenta alla disabilità ed accrescere la fruizione dei servizi, promuove l’istituzione di riconoscimenti per imprese, realtà e organizzazioni che operano efficacemente in favore e avvalendosi delle persone con disabilità per renderle più visibili, riconoscibili e creare un circolo virtuoso di premialità per chi attua politiche di integrazione e pari opportunità. Art. 12 bis (1.2) (Assistenza psicologica sperimentale) 1. Per le finalità di cui all’articolo 1, la Regione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, attiva, con deliberazione della Giunta regionale, protocolli sperimentali, per un periodo di diciotto mesi consecutivi, che prevedono la presenza della figura professionale dello psicologo presso il punto unico di accesso (PUA) alle prestazioni sociali, sociosanitarie e sanitarie con continuità assistenziale di cui all’articolo 52 nonché nell’ambito dei servizi di assistenza a soggetti in condizione di disagio sociale e a rischio di esclusione erogati dalle Aziende di servizi alla persona ai sensi dell’articolo 1, comma 3, lettera c), della legge regionale 22 febbraio 2019, n. 2 (Riordino delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) e disciplina delle aziende pubbliche di servizi alla persona - ASP).2. Gli psicologi di cui al comma 1 operano in stretta collaborazione con l’assistente sociale, il medico di distretto del PUA e le associazioni di volontariato che operano nell’area dell’intervento psicosociale, in un’ottica preventiva, con particolare riguardo alla promozione del benessere psicologico e al contrasto del disagio psichico lieve e svolgono attività di diagnosi, analisi della domanda e interventi brevi di primo livello, inviando i casi che necessitano di un intervento specialistico ai servizi di secondo livello. 3. Gli psicologi di cui al comma 1 devono essere in possesso dei seguenti requisiti: a) laurea in psicologia; b) iscrizione alla sezione A dell’albo degli psicologi del Lazio; c) assenza di rapporti di lavoro dipendente con le strutture del servizio sanitario nazionale e regionale.Art. 13
(Politiche in favore delle persone anziane) 1. Il sistema integrato sostiene la tutela e la valorizzazione delle persone anziane, sia come soggetti attivi sia come soggetti beneficiari di prestazioni sociali. 2. Le politiche in favore delle persone anziane sono perseguite, in particolare, attraverso interventi e servizi riguardanti: a) la socializzazione e la semplificazione nell’accesso ai servizi culturali, ricreativi, sportivi, per la mobilità, e miglioramento del rapporto dell’anziano con l’ambiente sociale anche al fine di favorire i rapporti intergenerazionali; b) la partecipazione degli anziani alla comunità locale in un’ottica di solidarietà fra generazioni; c) l’assistenza domiciliare e le dimissioni protette attivando forme di integrazione socio-sanitaria, in raccordo con strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie e con il coinvolgimento dei soggetti del terzo settore e delle famiglie; d) i percorsi di formazione e tutoraggio alle famiglie nella gestione delle persone anziane non autosufficienti, prevedendo anche la costituzione di gruppi di auto-mutuo-aiuto e la costituzione di reti territoriali per il sostegno e lo sviluppo dell’associazionismo familiare; e) il sostegno economico per le persone anziane non autosufficienti e per le loro famiglie per il mantenimento nel loro domicilio e promozione di forme residenziali alternative di tipo familiare con particolare attenzione per specifiche categorie quali ciechi, sordo-ciechi e persone con altre pluriminorazioni; f) la protezione e la tutela per le persone anziane sole, prioritariamente nel loro domicilio e, in subordine, attraverso l'affido o l’inserimento di strutture residenziali; g) la promozione di attività socialmente utili volontarie che sostengano l’invecchiamento attivo, nonché la partecipazione attiva alla vita della comunità locale con il supporto ai servizi, utilizzando l’esperienza maturata nel corso della vita o gli interessi personali; h) la promozione e la realizzazione dell’housing/co-housing sociale per le persone anziane, sulla base di specifici piani di qualificazione urbana e di recupero di stabili in disuso, con la previsione di un canone sociale; i) la promozione del contrasto all’isolamento sociale anche attraverso forme di intervento proattivo. Art. 14
(Politiche in favore degli immigrati e di altre minoranze) 1. Il sistema integrato sostiene l’integrazione e l’inclusione sociale delle persone immigrate attraverso interventi e servizi riguardanti la rimozione degli ostacoli che si oppongono all’esercizio dei diritti civili e sociali da parte dei cittadini immigrati, secondo quanto previsto dalla legge regionale 14 luglio 2008, n. 10 (Disposizioni per la promozione e la tutela dell’esercizio dei diritti civili e sociali e la piena uguaglianza dei cittadini stranieri immigrati) e successive modifiche e favorisce, presso le comunità da integrare, la diffusione della cultura dei doveri e delle responsabilità accanto a quella dei diritti. 2. Il sistema integrato intende realizzare o potenziare, laddove esistenti, le strutture per la collocazione del minore non accompagnato, con particolare riferimento alla popolazione immigrata, al fine di agevolarne l’integrazione ed escludere nuove forme di emarginazione sociale. 3. Il sistema integrato, con le modalità definite con successivi provvedimenti di natura legislativa, promuove l'integrazione sociale delle comunità Rom, Sinti e Camminanti e delle altre minoranze, il superamento dei campi, così come indicato dalla “Strategia nazionale d'inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti (Attuazione Comunicazione Commissione europea n. 173/2011)”. 4. La Regione attua misure volte al contrasto del disagio sociale derivante da fenomeni di diffusione insediativa irregolare e da altri usi impropri del territorio regionale nonchè alla riqualificazione paesaggistica, al risanamento e al recupero delle aree degradate a seguito di insediamenti abusivi. Art. 15
(Politiche in favore delle persone vittime di violenza e maltrattamenti e delle donne gestanti o madri in situazione di disagio sociale) 1. Il sistema integrato sostiene la tutela delle persone vittime di violenze sessuali, abusi psicologici, maltrattamenti, sfruttamento e di atti persecutori di cui all’articolo 612 bis del codice penale, anche in ambito familiare o lavorativo, nonché delle donne gestanti o madri in situazione di disagio sociale, attraverso la realizzazione di interventi e servizi di rete in grado di offrire una risposta adeguata e appropriata. 2. Le politiche in favore delle persone di cui al comma 1 sono perseguite, in particolare, attraverso interventi e servizi riguardanti: a) il sostegno materiale, psicologico, legale ed abitativo di emergenza, anche con la realizzazione di strutture e percorsi personalizzati; b) la formazione del personale che opera nell’ambito delle problematiche connesse al maltrattamento e all’abuso delle donne e dei minori; c) la realizzazione e il sostegno di strutture residenziali, comprese le case di semiautonomia e centri servizi a favore delle donne, anche con figli minori, vittime di violenza e delle donne gestanti o madri in situazione di disagio sociale, anche al fine di tutelare il figlio concepito e la maternità; d) gli interventi per le donne gestanti comunque presenti nel territorio regionale, che necessitano di specifici progetti di sostegno in ordine al riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati ed al segreto del parto; e) il sostegno a percorsi personalizzati di uscita dal disagio e dalla violenza, tendenti a rafforzare la fiducia della donna nelle proprie capacità e a favorire nuovi progetti di autodeterminazione e di autonomia; f) le misure di sostegno alle persone che si sottraggono alla violenza ed ai condizionamenti di soggetti dediti al traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale o lavorativo ed alla riduzione in schiavitù o in servitù con particolare riferimento a progetti sperimentali che coinvolgono le reti e le comunità locali nonché le stesse vittime; g) le misure per sensibilizzare sul fenomeno della surrogazione di maternità anche al fine di prevenirla nei casi di sfruttamento; h) le misure per prevenire e contrastare il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili attraverso l’informazione, la formazione ed il monitoraggio; i) la promozione di iniziative di sensibilizzazione delle comunità locali sulle problematiche connesse all’abuso e al maltrattamento delle donne e dei minori; l) misure per prevenire e contrastare la violenza contro le donne anche attraverso la costruzione di moduli formativi ed educativi all’interno degli istituti scolastici; m) il sostegno psicologico per i minori, vittime di violenza o di maltrattamenti, diretti o indiretti; n) l’accoglienza, la cura e la riabilitazione fisica e psicologica degli stranieri immigrati e dei rifugiati che hanno subito tortura e violenza durante il loro percorso di migrazione o di fuga; o) il contrasto alle discriminazioni come richiamate dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Art. 16
(Politiche in favore delle persone sottoposte a provvedimenti penali) 1. Il sistema integrato sostiene le persone detenute e in regime di semilibertà e promuove, in collaborazione con i competenti uffici del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e con il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale di cui alla legge regionale 6 ottobre 2003, n. 31 (Istituzione del garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale) e successive modifiche, servizi ed interventi volti in particolare a: a) migliorare le condizioni di vita nelle carceri, con particolare riguardo alle madri con figli minori; b) informare sulle possibilità e sulle procedure per ottenere l’esecuzione penale esterna e favorire le misure alternative alla detenzione; c) sostenere l’accoglienza ed il reinserimento sociale, abitativo e lavorativo delle persone soggette a misure alternative alla detenzione; d) sostenere i diritti delle persone detenute ai sensi della legge regionale 8 giugno 2007, n. 7 (Interventi a sostegno dei diritti della popolazione detenuta della Regione Lazio); e) promuovere tutte le attività formative interne alla struttura detentiva, che permettono alle persone sottoposte a provvedimenti penali coercitivi, sia di aumentare il proprio livello di istruzione e sia di imparare nuove professionalità utili al loro reinserimento nella società e nel mondo del lavoro. 2. Per le finalità di cui al comma 1, la Regione opera in collaborazione con: a) gli enti locali, con particolare riferimento ai comuni sedi di istituti di prevenzione e pena che adottano specifici piani di intervento; b) i soggetti del terzo settore con competenze specifiche ed in particolare le cooperative sociali di detenuti o ex detenuti di cui all’articolo 12 della legge regionale 16 febbraio 2000, n. 12, relativo a contributi finanziari per la risocializzazione dei detenuti. Art. 17
(Politiche in favore delle persone dimesse dagli ospedali psichiatrici giudiziari) 1. Il sistema integrato attiva servizi ed interventi in favore delle persone dimesse dagli ospedali psichiatrici giudiziari ai sensi dell’articolo 3 ter del decreto legge 22 dicembre 2011, n. 211 (Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9 e successive modifiche, volti in particolare: a) all’inserimento sociale, abitativo e lavorativo accompagnato da specifici corsi di formazione o di qualificazione professionale e sostenuto da attività di tutoraggio; b) alla tutela dei diritti della persona, con particolare riferimento al diritto alle cure; c) al sostegno delle attività di recupero ed inclusione sociale svolte nelle strutture residenziali di cui all’articolo 3 ter del d.l. 211/2011 convertito dalla l. 9/2012; d) alla realizzazione dei percorsi di formazione, sostegno e tutoraggio alle famiglie disposte a riaccogliere familiari dimessi dagli ospedali psichiatrici giudiziari. Art. 18
(Politiche in favore delle persone senza dimora) 1. Il sistema integrato favorisce l’inclusione sociale delle persone senza dimora, anche a causa di separazione coniugale, sfratto o nuove forme di povertà e promuove interventi e servizi volti in particolare a: a) sostenere l’attivazione di centri e di forme di accoglienza anche innovative per la predisposizione e la realizzazione di specifici progetti individuali; b) sostenere l’attivazione di unità mobili, anche a carattere socio-sanitario, che favoriscano la mappatura e la presa in carico delle persone in condizioni di emarginazione estrema; c) sostenere l’attivazione di strutture residenziali, anche temporanee, e di gruppi e comunità protette in grado di avviare le persone ad una graduale riabilitazione sociale; d) sostenere l’attivazione di esperienze di co-housing sociale; e) promuovere processi integrati per lo sviluppo di percorsi di aiuto, sostegno e di accompagnamento sociale all'autonomia; f) sostenere l’attivazione di strutture di accoglienza per la presa in carico delle persone senza dimora con gravi patologie sanitarie, che non necessitano di ospedalizzazione; g) favorire l’istruzione delle persone senza dimora, anche al fine del conseguimento dell’obbligo scolastico e formativo; h) sostenere le attività di formazione e di aggiornamento professionale delle persone senza dimora in età lavorativa, ai fini di un loro pieno reinserimento sociale e lavorativo; i) promuovere accordi tra le istituzioni e le parti sociali per favorire l’inserimento lavorativo dei senza dimora, sostenuto da specifiche attività di tutoraggio; j) favorire la creazione di reti per l’accompagnamento e il sostegno delle persone senza dimora solitamente affette da patologie multiple; k) sostenere attività che favoriscano il recupero della socialità delle persone che hanno vissuto percorsi di emarginazione estrema. Art. 19
(Politiche per la prevenzione e il trattamento delle dipendenze) 1. Il sistema integrato, nell’ambito delle politiche per la prevenzione e il recupero delle persone con problemi di dipendenza da alcool e sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) e successive modifiche e delle persone con problemi di dipendenza da gioco d’azzardo patologico di cui alla legge regionale 5 agosto 2013, n. 5 (Disposizioni per la prevenzione e il trattamento del gioco d'azzardo patologico - GAP) e successive modifiche nonché di altre forme di dipendenze anche non legate a sostanze, in un’ottica di integrazione socio-sanitaria, in particolare, promuove: a) le strategie integrate e interistituzionali per valorizzare in ambito scolastico ed extrascolastico le capacità personali dei giovani, in termini di autostima, auto efficacia e resilienza; b) la promozione di interventi volti a sensibilizzare i giovani ed i soggetti a rischio, sulle problematiche connesse alle varie tipologie di dipendenza; c) le attività dirette a rimuovere le cause psicologiche e sociali delle dipendenze e alla diffusione di un’adeguata e corretta prevenzione e informazione scientifica sui rischi correlati ai consumi per l’intera popolazione, dando priorità agli interventi a favore dell’infanzia e dell’adolescenza e delle fasce a maggior rischio di emarginazione sociale; d) le forme di sostegno e di accompagnamento ai soggetti dipendenti e alle loro famiglie, favorendo iniziative di auto-mutuo-aiuto, di associazionismo, di incontro, socializzazione ed elaborazione delle reciproche esperienze volte a migliorare la loro condizione psico-socio-ambientale; e) le azioni finalizzate all’accoglienza, al trattamento e alla riabilitazione, alla promozione dell’autonomia personale, alla riduzione dei rischi e dei danni, al reinserimento sociale, abitativo e lavorativo delle persone dipendenti, anche sottoposte a provvedimenti penali o a misure alternative alla detenzione; f) il sostegno e la valorizzazione delle attività residenziali e non, con particolare riferimento alle comunità terapeutiche e a tutti quei progetti terapeutici volti a mantenere la persona nel suo contesto di vita; g) la sperimentazione di modalità di intervento innovative, sia sotto il profilo preventivo ed educativo che sotto il profilo riabilitativo e inclusivo, in grado di intercettare, anche attraverso progetti flessibili, nuovi bisogni e domande correlati alla evoluzione delle diverse forme di dipendenze e consumo; h) specifiche forme di sostegno e accoglienza in strutture dedicate alle madri dipendenti con figli minori; i) specifiche iniziative di prevenzione, informazione e costante monitoraggio sui fenomeni di consumo, attraverso forme di sostegno a protocolli di ricerca e ad azioni di prevenzione e recupero di comportamenti a rischio, con particolare riferimento al gioco compulsivo, ai disturbi del comportamento alimentare e alle dipendenze da tecnologie; j) interventi di supporto, anche attraverso la sensibilizzazione e la mediazione, ai contesti sociali e alle comunità che vedono la presenza di persone che a vario titolo utilizzano sostanze e alcool; k) iniziative volte alla riduzione della stigmatizzazione sociale nei confronti dei soggetti che intraprendono e portano a termine percorsi di riabilitazione, promuovendo esperienze significative di reinserimento familiare, sociale e lavorativo. Art. 20 (Politiche abitative e rigenerazione urbana)
h bis) adeguamento strutturale e di dotazione tecnologica di spazi pubblici e privati, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera k) bis. (1b) (Politiche per l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate)
1. Il sistema integrato promuove l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate di cui all’articolo 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali) e successive modifiche. 2. Le politiche in favore dei soggetti di cui al comma 1 sono perseguite anche nel rispetto della normativa vigente in materia di collocamento al lavoro delle categorie protette, attraverso, in particolare, i seguenti interventi e servizi: a) la verifica del rispetto della normativa in materia di assunzione delle persone disabili da parte delle aziende in sede di affidamento di forniture e servizi alla Regione, agli enti pubblici dipendenti dalla Regione, agli enti locali; b) la promozione e il sostegno di progetti per lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) per migliorare l’inclusione delle persone disabili nella vita sociale e lavorativa; c) l’orientamento lavorativo, la qualificazione professionale ed il tirocinio; d) l’individuazione di strutture produttive idonee e disponibili all’inserimento delle persone svantaggiate di cui al comma 1, stipulando anche convenzioni a tale scopo e verificandone l’attuazione; e) l’accesso delle persone con disabilità al posto di lavoro, favorendo prioritariamente la mobilità e l’abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali; f) l’inserimento mirato in favore delle persone con disabilità gravi o con disagio psichico; g) il tutoraggio ed il primo inserimento diretto in azienda in favore delle persone con disabilità o con disagio psichico; h) l’istituzione di servizi territoriali di informazione e consulenza per l’integrazione lavorativa delle persone disabili, rivolto alle persone disabili e alle aziende ed enti pubblici e privati quale supporto nei processi di reclutamento, inclusione lavorativa, formazione e aggiornamento; i) l’adeguamento del sistema della formazione professionale e la normativa regionale sui tirocini, prevedendo percorsi agevolati per disabili. 3. Al fine di favorire l’integrazione sociale e lavorativa delle persone svantaggiate di cui al comma 1, la Regione, gli enti pubblici dipendenti dalla Regione riservano quote di appalti a cooperative sociali che svolgono le attività di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della l. 381/1991, a norma degli articoli 13 e 13ter della legge regionale 27 giugno 1996, n. 24 (Disciplina delle cooperative sociali) e successive modifiche anche nelle modalità previste dall’articolo 112 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture). La Regione favorisce altresì l’inserimento di clausole sociali nei bandi di gara d’appalto e nei capitolati d’onere, anche in riferimento alla normativa vigente. (1b1) 4. La Regione promuove, in collaborazione con le rappresentanze delle imprese sociali e delle altre imprese operanti nel territorio, percorsi integrati di economia sociale e solidale attraverso: a) interventi integrati per la realizzazione di reti o distretti di economia solidale e sociale, che favoriscano la vendita e lo scambio di beni e servizi secondo principi ispirati da un’economia equa, solidale e sostenibile; b) azioni di sviluppo dell’agricoltura sociale anche in collaborazione con l’assessorato competente in materia di agricoltura e con la partecipazione attiva delle forze sociali, del terzo settore e delle aziende agricole interessate, che favoriscano l’inserimento sociale e lavorativo di disabili, minori a rischio, soggetti con problemi di dipendenze, persone con disagio psichico, immigrati e donne in difficoltà, richiedenti asilo e rifugiati; c) azioni ed iniziative volte a sviluppare una concreta responsabilità sociale delle imprese in modo da garantire la qualità, la sicurezza e la regolarità delle condizioni di lavoro. CAPO III
INTERVENTI E SERVIZI DEL SISTEMA INTEGRATO Art. 22
(Livelli essenziali delle prestazioni sociali) 1. Il sistema integrato garantisce l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali previsti dallo Stato ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera m), della Costituzione così come definiti dall’articolo 22 della l. 328/2000. 2. La Regione e gli enti locali, secondo le modalità indicate dal piano regionale degli interventi e dei servizi sociali di cui all’articolo 46, assicurano un omogeneo livello di prestazioni attraverso: a) il servizio sociale professionale; b) il servizio di segretariato sociale per favorire l’accesso ai servizi, mediante l'informazione e la consulenza ai cittadini; c) il punto unico di accesso, garantito in ogni distretto socio-sanitario; d) il pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza; e) il servizio di assistenza domiciliare per soggetti e nuclei familiari con fragilità sociali e con le prestazioni di cura sociali e sanitarie integrate; f) le strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali; g) i centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario. 3. Il piano regionale degli interventi e dei servizi sociali di cui all’articolo 46, in base al fabbisogno rilevato definisce interventi comunitari per accrescere il senso di appartenenza territoriale, per la coesione sociale, per la mediazione dei conflitti, per la cultura della legalità e del dialogo per tutte le categorie sociali. Art. 23
(Servizio di segretariato sociale) 1. Il servizio di segretariato sociale ha l’obiettivo di promuovere l’esigibilità dei diritti sociali ed è finalizzato a favorire l’accesso della persona ai servizi del sistema integrato ed in particolare: a) risponde puntualmente al cittadino e fornisce adeguate informazioni nonché orientamento sulle modalità d’accesso e sui relativi costi; b) effettua una prima valutazione dei bisogni della persona ai fini della presa in carico da parte del sistema integrato; c) segnala le situazioni complesse al punto unico di accesso alle prestazioni di cui all’articolo 52, affinché sia assicurata la presa in carico della persona secondo criteri di integrazione socio-sanitaria; d) raccoglie ed elabora i dati sulla domanda e sui bisogni sociali, propedeutici alla formazione del piano di zona e alla programmazione dei servizi e degli interventi sociali. 2. Coordinatori del servizio di cui al comma 1 sono gli assistenti sociali. Art. 24
(Servizio sociale professionale) 1. Il servizio sociale professionale lavora in stretta collaborazione e interconnessione con il servizio di segretariato sociale ed è finalizzato alla valutazione dei bisogni della persona che richiede prestazioni al sistema integrato ed alla sua effettiva presa in carico. 2. Il servizio sociale professionale, in particolare, garantisce: a) la definizione per ogni persona presa in carico del piano personalizzato; b) la valutazione multidimensionale dei bisogni della persona, in presenza di bisogni complessi che richiedono l’intervento integrato di diversi servizi ed operatori; c) il coordinamento e l’integrazione delle prestazioni socio-assistenziali con le prestazioni sanitarie e con le altre prestazioni erogate a livello territoriale quali, in particolare, quelle per la formazione, l’istruzione ed il lavoro; d) la continuità assistenziale e l’individuazione di un soggetto responsabile dell’attuazione del piano personalizzato. 3. Il servizio sociale professionale è svolto da assistenti sociali iscritti nell’albo istituito con legge 23 marzo 1993, n. 84 (Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale) e successive modifiche ed opera con autonomia tecnico-professionale, in stretta collaborazione con le altre figure professionali per la valutazione multidisciplinare dei singoli casi. Art. 25 (Assistenza economica e assegni di cura) 1. Gli interventi di assistenza economica consistono nell’erogazione, a favore del singolo o della famiglia, di contributi con carattere di: a) continuità, se finalizzati all'integrazione del reddito del singolo o del nucleo familiare in difficoltà per il soddisfacimento dei bisogni primari, con l’obiettivo di favorire anche l’inserimento socio-lavorativo, al fine di raggiungere l’autonomia economica e finanziaria; b) straordinarietà, immediatezza e temporaneità, per far fronte a situazioni di emergenza; c) specificità, se finalizzati ad esigenze e bisogni particolari, fra i quali, prioritariamente, quelli di persone non autosufficienti e fragili assistite in famiglia. 2. Gli assegni di cura sono benefici a carattere economico o titoli validi per l’acquisto di prestazioni da soggetti accreditati del sistema integrato, finalizzati a: a) garantire sostegno alle famiglie che si prendono cura direttamente dei familiari non autosufficienti; b) favorire il recupero psicosociale delle persone con disagio psichico, assistite dalle competenti strutture delle aziende sanitarie locali, per il tempo e nelle misure determinate dal programma terapeutico riabilitativo individuale, in funzione del processo di recupero psichico sociale del paziente stesso; c) sostenere l’affidamento familiare dei minori previsto dall’articolo 2, comma 1, della l. 184/1983 e successive modifiche; d) sostenere la maternità nelle situazioni di disagio economico e sociale. 3. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con propria deliberazione, stabilisce criteri e modalità per l’erogazione dei contributi di assistenza economica e degli assegni di cura.
8 bis. La Regione, nell’ambito della propria programmazione sociale, socio-sanitaria e sanitaria, prevede azioni dirette e forme di sostegno a supporto dei caregiver familiari e, in particolare, promuove la realizzazione di: a) politiche attive mirate all’inserimento e al reinserimento lavorativo dei caregiver familiari, riconoscendo e valorizzando le competenze e l’esperienza globalmente maturate nell’esercizio dell’attività assistenziale; b) intese e accordi con le associazioni datoriali per favorire la conciliazione della vita lavorativa con le esigenze di cura, ovviare ad eventuali difficoltà di realizzazione in ambito lavorativo o abbandono dell’attività lavorativa, mediante forme di maggiore flessibilità dell’orario lavorativo, che tengano conto dei maggiori oneri che gravano ulteriormente sulla gestione della vita quotidiana e sull’impegno lavorativo dei caregiver familiari; c) misure per la tutela dei diritti e interventi economici per il sostegno dei bisogni dei caregiver familiari; d) programmi di aggiornamento degli operatori sociali, socio-sanitari sui temi legati alla valorizzazione dei caregiver familiari e sulla relazione e comunicazione dovuta con gli stessi, in accordo con i comuni e con il coinvolgimento dei soggetti gestori ed erogatori dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari; e) un sistema di tutela assicurativa per i caregiver familiari. (1c.2) 9. La Giunta regionale, con propria deliberazione, stabilisce le modalità di funzionamento del servizio del caregiver familiare e le forme di supporto allo stesso. 9 bis. Con la medesima deliberazione di cui al comma 9, la Giunta regionale stabilisce criteri e modalità per la valutazione dell’esperienza maturata come caregiver ai fini dell’accesso ai percorsi formativi finalizzati all’acquisizione della qualifica di operatore socio sanitario o di altre figure del repertorio regionale relative all’area socio-sanitaria. (1d.1) 9 ter. Almeno il 50 per cento delle risorse regionali per i percorsi di formazione dei caregiver familiari possono essere destinate in favore delle aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP) di cui alla legge regionale 22 febbraio 2019, n. 2 (Riordino delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) e disciplina delle aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP)) e successive modifiche, che si avvalgono di enti di formazione accreditati secondo la disciplina regionale.] (1d.2) (1d.6) Art. 27
(Servizio di mensa sociale e di accoglienza notturna) 1. La mensa sociale e il centro di accoglienza notturna sono servizi gratuiti tesi a soddisfare i bisogni primari di vita delle persone che versano in gravi condizioni di disagio sociale, economico e familiare. 2. I servizi di cui al comma 1 offrono vitto ed alloggio notturno a persone che temporaneamente non possono provvedervi e rappresentano la prima modalità di accesso al sistema integrato ai fini dell’inserimento in un percorso assistenziale e di reinserimento sociale che prevede un successivo affidamento ad altri servizi. 3. I servizi di cui al comma 1 assicurano interventi finalizzati a: a) promuovere l’incontro e la presa in carico di persone con grave disagio economico e sociale, anche al fine di far emergere e di farsi carico dei loro bisogni inespressi; b) consentire di intercettare nuove forme di disagio e di elaborare nuove modalità di intervento; c) favorire momenti di incontro e di dialogo attraverso i quali la persona riscopre la capacità di relazione e di fiducia nell’altro; d) informare e formare volontari, che apprendono la dimensione della solidarietà e del bene comune tramite l’esperienza concreta del servizio reso a chi è in difficoltà; e) promuovere attività di sensibilizzazione del territorio sui temi legati all’esclusione sociale e all’importanza dell’integrazione; f) promuove le azioni coordinate fra i vari centri di accoglienza notturna e gli enti del terzo settore che offrono servizi di mediazione culturale, linguistica ed orientamento legale per immigrati. 4. I requisiti per il rilascio dell’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento dei servizi di cui al comma 1 sono stabiliti con deliberazione della Giunta regionale ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 41 (Norme in materia di autorizzazione all'apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali). 1. Il centro diurno è una struttura di tipo aperto che fornisce prestazioni socioeducative, di socializzazione, di aggregazione e di recupero, destinate ai soggetti in età evolutiva, alle persone con disabilità ed alle persone con disagio psichico, è collegato con le strutture ed i servizi del territorio e può offrire anche prestazioni di supporto all’assistenza domiciliare nonché servizi tesi a dare risposta ai bisogni degli anziani affetti da Alzheimer. 2. Il centro anziani, ispirato ai principi della partecipazione, dell’indipendenza, dell’autorealizzazione e della tutela della dignità degli anziani, è una struttura polivalente di aggregazione e di propulsione della vita sociale, culturale e ricreativa delle persone anziane, che ne promuove la presenza attiva nel territorio, la valorizzazione delle capacità, delle funzioni motorie, cognitive e creative e lo scambio intergenerazionale, aiutando l’anziano ad orientarsi ed informarsi sui servizi ad esso destinati. Il centro anziani è organizzato in forma di associazione di promozione sociale (APS), secondo la disciplina prevista dall’articolo 5, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106) e successive modifiche. In coerenza con quanto previsto dall’articolo 35, comma 2, del d.lgs. 117/2017, non sono previsti limiti di età per associarsi ad una APS alla quale è affidata la gestione di un centro anziani. (1d.3) 3. Gli utenti del centro anziani sono fruitori del servizio e soci a tutti gli effetti, responsabili e parti attive nella programmazione delle attività e nella scelta delle azioni, in stretto collegamento con il servizio sociale del comune e in integrazione con i servizi territoriali. (1d.4) 4. Il centro anziani, nell’ambito della propria autonomia e nel rispetto dell’anziano, svolge, in particolare: a) attività ricreativo-culturali; b) promozione dell’attività di volontariato, in collaborazione con gli enti locali, anche ai fini della vigilanza scolastica e della tutela del verde pubblico; c) attività ludico-motorie, anche attraverso l’organizzazione di corsi presso il centro o presso altri luoghi; d) attività di scambio culturale e intergenerazionale; e) attività formative e informative sui servizi sociali e sanitari promossi dal sistema integrato; f) attività di rilevanza sociale e di apertura al territorio. 5. I requisiti per il rilascio dell’autorizzazione all’apertura e al funzionamento del centro diurno e del centro anziani sono stabiliti con deliberazione della Giunta regionale ai sensi dell’articolo 2 della l.r. 41/2003. Art. 29
(Servizi per la vacanza) 1. I servizi per la vacanza sono rivolti ai soggetti in età evolutiva, alle persone anziane e alle persone con disabilità per fornire periodi organizzati di socializzazione, riposo e svago, consentendo altresì ai familiari dei soggetti indicati di usufruire di periodi di sollievo e riposo. 2. I servizi di cui al comma 1 sono attuati per: a) soggetti in età evolutiva, nel quadro di una programmazione unitaria e interdisciplinare delle attività, coinvolgendo istituzioni scolastiche e associazioni sportive e culturali, quali momenti integrativi del processo educativo; b) persone con disabilità, persone con disagio psichico e persone anziane, anche non autosufficienti, in un rapporto di stretta integrazione programmatica e gestionale con i competenti servizi sanitari; c) bambini e adolescenti facenti parte di nuclei familiari rientranti nelle fasce economiche più deboli, per i quali può essere prevista la partecipazione a centri ricreativi estivi, così da consentire ai genitori di lasciare i propri figli in strutture adeguate, volte alla formazione culturale, sportiva e sociale del minore per una parte del periodo estivo, al termine dell'anno scolastico. Tali centri possono essere istituiti ed organizzati da ogni singolo comune interessato. Art. 30
(Servizio di emergenza e pronto intervento assistenziale) 1. Il servizio di emergenza e pronto intervento è un servizio che affronta l'emergenza e l’urgenza sociale in tempi rapidi e in maniera flessibile ed è rivolto a persone che, per situazioni contingenti, sono sprovviste dei mezzi necessari al soddisfacimento di bisogni primari di vita. 2. Il servizio di cui al comma 1 è strettamente collegato con i servizi sociali territoriali ed in particolar modo è svolto in collegamento con il sistema di emergenza sanitaria di cui all’articolo 5 della legge regionale 20 settembre 1993, n. 55 (Norme per la riorganizzazione della rete ospedaliera ai sensi della legge 30 dicembre 1991, n. 412) ora confluito nel numero unico per le emergenze (112). Art. 31
(Strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale) 1. Le strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, di cui alla l.r. 41/2003 e successive modifiche, erogano prestazioni socio-assistenziali sulla base di un piano personalizzato e sono rivolte a minori, alle persone disabili, alle persone con disagio psichico, alle persone anziane ed alle persone con problematiche sociali prive del necessario supporto familiare. 2. Nelle strutture di cui al comma 1 è prevista l’accoglienza anche di persone, non autosufficienti, che non necessitano di assistenza sanitaria e presenza infermieristica per l’intero arco della giornata; l’assistenza può essere anche temporanea e programmata al fine di sostenere il completamento di programmi riabilitativi già iniziati o per la riduzione del carico assistenziale della famiglia per brevi e determinati periodi, le prestazioni sanitarie sono fornite dall’azienda sanitaria locale competente nelle forme previste per l’assistenza domiciliare integrata. 3. La Giunta regionale, con propria deliberazione, individua tipologie di strutture multiutenza e/o polifunzionali, anche a carattere sperimentale. 4. Le strutture antiviolenza che erogano prestazioni a ciclo residenziale, di cui all’articolo 4 della legge regionale 19 marzo 2014, n. 4 (Riordino delle disposizioni per contrastare la violenza contro le donne in quanto basata sul genere e per la promozione di una cultura del rispetto dei diritti umani fondamentali e delle differenze tra uomo e donna) rientrano nelle strutture di cui all’articolo 9, comma 1, lettera d), della l.r. 41/2003.
2 bis. I comuni associati ai sensi dell’articolo 35 e gli organi di decentramento amministrativo previsti dalla Statuto di Roma Capitale, conclusa la fase di autorizzazione e di accreditamento delle strutture che ne abbiano fatto richiesta, sono tenuti a verificare con cadenza almeno triennale presso i singoli soggetti autorizzati e accreditati il mantenimento dei requisiti previsti dalla normativa vigente. (1d.5) Art. 32 bis (Elenchi regionali delle strutture e dei servizi autorizzati e delle strutture e dei servizi accreditati) (1f) 1. Al fine di concorrere alla realizzazione del sistema informativo regionale, di cui all’articolo 49, sono istituiti, presso la struttura regionale competente in materia, assicurandone la pubblicità sulle pagine dedicate del portale istituzionale, gli elenchi regionali delle strutture e dei servizi autorizzati e delle strutture e dei servizi accreditati, di seguito denominati elenchi regionali. 2. La Giunta regionale con la deliberazione di cui all’articolo 49, comma 4, definisce le modalità per la tenuta e l’aggiornamento degli elenchi regionali. 3. Per le finalità di cui al comma 1, i comuni singoli o associati, Roma Capitale, anche tramite gli organi di decentramento amministrativo, trasmettono alla struttura regionale competente, con le modalità da questa indicate con proprio atto, i provvedimenti di autorizzazione e di accreditamento nonché i dati relativi alle strutture e ai servizi autorizzati e accreditati. 4. Gli elenchi regionali e i relativi aggiornamenti sono pubblicati sul sito della Regione anche per il tramite del sistema informativo dei servizi sociali di cui all’articolo 49. CAPO IV
SOGGETTI DEL SISTEMA INTEGRATO
f bis) cura la tenuta e l’aggiornamento degli elenchi regionali; (1g) u bis) promuove e sostiene le iniziative a carattere sociale e culturale per la prevenzione della violenza di genere, programma la rete degli interventi, realizza, finanzia e coordina i servizi preposti alla tutela e alla protezione delle donne vittime di violenza e dei loro figli, in concorso con lo Stato e i comuni, in conformità alla legge regionale 19 marzo 2014, n. 4 (Riordino delle disposizioni per contrastare la violenza contro le donne in quanto basata sul genere e per la promozione di una cultura del rispetto dei diritti umani fondamentali e delle differenze tra uomo e donna). Al fine di organizzare la rete dei servizi di cui alla presente lettera la Regione si dota, altresì, di un apposito strumento di coordinamento nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente; (2) v) definisce strumenti di monitoraggio, valutazione ai fini della verifica dell’attuazione degli obiettivi della programmazione regionale e locale anche mediante l’utilizzo dei dati del sistema informativo; Art. 34
(Città metropolitana di Roma Capitale e province) 1. In attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) e nelle more della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione, la Città metropolitana di Roma Capitale e le province, quali enti territoriali di area vasta, esercitano le funzioni ed i compiti amministrativi concernenti: a) l’assistenza ai disabili sensoriali ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67 e successive modifiche; b) (3) c) il concorso alla programmazione della rete dei servizi territoriali, la promozione e la realizzazione delle azioni a carattere sociale e culturale per l’accoglienza e l’inclusione dei cittadini immigrati, dei richiedenti asilo, dei rifugiati e dei titolari di protezione internazionale, umanitaria e sociale nonché dei loro familiari, in concorso con lo Stato, la Regione ed i comuni. 1. I comuni, in attuazione del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118 della Costituzione, sono titolari di tutte le funzioni amministrative concernenti l’organizzazione e la gestione degli interventi e dei servizi del sistema integrato. 2. La Regione individua nella gestione associata da parte dei comuni, nell’ambito territoriale ottimale di cui all’articolo 43, secondo le forme associative previste dalla normativa vigente, la modalità attraverso la quale perseguire l’efficacia e l’efficienza del sistema integrato, anche al fine di garantirne il coordinamento e l’integrazione con i servizi sanitari erogati dal servizio sanitario regionale. 3. Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di esercizio associato delle funzioni fondamentali, i comuni associati, in particolare: a) pianificano, progettano e realizzano gli interventi e i servizi del sistema integrato in conformità ai livelli essenziali delle prestazioni sociali di cui all’articolo 22; b) coordinano ed integrano i servizi sociali a valenza sanitaria da essi erogati con quelli sanitari a valenza sociale erogati dal distretto sanitario; c) concorrono alla programmazione sociale regionale secondo le modalità previste nell’articolo 47; d) provvedono all’autorizzazione, all’accreditamento ed alla vigilanza dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, ai sensi della legislazione regionale vigente; e) determinano la compartecipazione degli utenti ai costi delle prestazioni, sulla base dei criteri individuati con deliberazione della Giunta regionale; f) promuovono la partecipazione delle comunità locali, delle famiglie, delle persone e dei soggetti del terzo settore alla programmazione, alla realizzazione e alla valutazione del sistema integrato; g) valutano la qualità, l’efficacia e l’efficienza degli interventi e dei servizi, a tal fine istituiscono elenchi di soggetti accreditati allo svolgimento dei servizi di assistenza domiciliare e adottano strumenti per la semplificazione amministrativa; h) coordinano le politiche sociali con le politiche urbanistiche e abitative; i) trasmettono alla Regione dati sui bisogni e sull’offerta di servizi e strutture socio-assistenziali nonché i dati relativi agli elenchi regionali, ai fini dell’attuazione del sistema informativo dei servizi sociali; (2a) j) provvedono all’autorizzazione, all’accreditamento e alla vigilanza dei servizi e delle strutture che erogano assistenza domiciliare, ai sensi della deliberazione della Giunta regionale di cui all’articolo 32, comma 2. 4. Gli organismi di indirizzo e programmazione di cui all’articolo 44, possono demandare ai comuni singoli, non rientranti tra quelli individuati ai sensi dell’articolo 14, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modifiche, la gestione di servizi di assistenza economica, di assistenza abitativa, di aiuto personale, di mensa sociale e accoglienza notturna, di trasporto sociale, di centri ludico-ricreativi e di aggregazione sociale. 5. Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali socio-assistenziali di cui alla l.r. 41/2003 e successive modifiche, nonché presso le strutture socio-sanitarie di cui alla legge regionale 3 marzo 2003, n. 4 (Norme in materia di autorizzazione alla realizzazione di strutture e all'esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie, di accreditamento istituzionale e di accordi contrattuali) e successive modifiche, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli oneri per le sole prestazioni sociali erogate. 6. Per i minori è competente il comune nel quale risiede il minore, ovvero il comune nel cui territorio si è manifestata la necessità d’intervento, qualora il minore non sia residente nel Lazio, fatto salvo il diritto di rivalsa nei confronti del comune di residenza del minore destinatario dell’intervento e per i minori stranieri in base agli accordi internazionali. Per le prestazioni e gli interventi in favore dei soggetti di cui all'articolo 6, comma 2, è competente il comune nel cui territorio si è manifestata la necessità d’intervento. Art. 36
(Roma Capitale) 1. Roma Capitale, in armonia con il quadro delineato dalla l. 56/2014 e successive modifiche, nonché dai relativi interventi attuativi, ai sensi dell’articolo 5 dello Statuto, concorre alla determinazione degli obiettivi della programmazione sociale e socio-sanitaria della Regione, nonché alla loro specificazione ed attuazione nel proprio territorio, adottando, in conformità ai contenuti del piano sociale regionale, propri atti per la pianificazione e la realizzazione del sistema integrato. 2. Le disposizioni della presente legge, relative alla gestione associata da parte dei comuni del sistema integrato di cui al capo V, non si applicano a Roma Capitale che, per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti di cui all’articolo 35, si avvale degli organi di decentramento amministrativo previsti dal proprio statuto. 3. Al fine di garantire l’integrazione tra i servizi sociali a rilevanza sanitaria erogati da Roma Capitale e i servizi sanitari a rilevanza sociale erogati dalle aziende sanitarie locali, Roma Capitale e le aziende sanitarie locali territorialmente competenti stipulano accordi per garantire la programmazione, l’organizzazione e la gestione integrata delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria e delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale. 1. Le aziende sanitarie locali garantiscono, secondo la normativa vigente e secondo le modalità individuate nei piani attuativi aziendali, nei programmi delle attività territoriali e nei piani sociali di zona, le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, garantendone l'integrazione, su base distrettuale, con le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria di competenza dei comuni, concorrendo con proprie risorse finanziarie in coerenza con gli indirizzi programmatici regionali. 2. Le aziende sanitarie locali mettono a disposizione le professionalità sanitarie per l’espletamento delle funzioni di autorizzazione, accreditamento e vigilanza sulle strutture e sui servizi di cui al capo III. (2b) Art. 38 (3a) (Aziende pubbliche di servizi alla persona - ASP) 1. Le ASP di cui alla l.r. 2/2019 e successive modifiche conformano la propria attività ai principi e agli obiettivi della presente legge, intervengo nelle fasi consultive e concertative della programmazione socio-assistenziale e socio-sanitaria a livello regionale e locale e concorrono a realizzare i servizi e gli interventi del sistema integrato sociale previsti dalla programmazione regionale e locale, anche mediante l’utilizzazione del proprio patrimonio immobiliare.2. I soggetti pubblici del sistema integrato dei servizi, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della l.r. 2/2019, nell’ambito della propria autonomia, si avvalgono, sulla base di specifici contratti di servizio, delle prestazioni che le ASP definiscono nei propri statuti, con particolare riguardo: a) alla programmazione e alla gestione degli interventi previsti nei piani sociali di zona di cui all’articolo 48, compresi quelli in favore delle persone con disabilità, nel rispetto dei diritti sanciti nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità); b) alla realizzazione dei progetti, degli interventi e dei servizi di cui alla legge 28 agosto 1997, n. 285 (Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza), alla legge 22 giugno 2016, n. 112 (Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare) e alla legge regionale 19 marzo 2014, n. 4 (Riordino delle disposizioni per contrastare la violenza contro le donne in quanto basata sul genere e per la promozione di una cultura del rispetto dei diritti umani fondamentali e delle differenze tra uomo e donna) e successive modifiche; c) alla istituzione e alla sperimentazione di servizi innovativi in ambito socio-educativo, socio-assistenziale e socio-sanitario, nonché di assistenza a soggetti in condizione di disagio sociale e a rischio di esclusione; d) alle attività di recupero e riutilizzo a fini sociali dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 3 agosto 2010 n. 136) e successive modifiche. 3. I comuni, nell’ambito delle proprie competenze, possono prevedere misure agevolative di natura finanziaria e fiscale nei confronti delle ASP le cui strutture siano adibite a sedi di servizi socio-assistenziali autorizzati ai sensi della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 41 (Norme in materia di autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali) e successive modifiche.Art. 39
(Terzo settore) 1. Nel rispetto del principio di sussidiarietà, la Regione e gli enti locali riconoscono e agevolano il ruolo degli enti del terzo settore e promuovono la partecipazione attiva degli stessi nelle fasi di programmazione, progettazione e realizzazione concertata del sistema integrato. 2. Ai fini della presente legge si considerano enti del terzo settore: a) le organizzazioni di volontariato di cui alla l.r. 29/1993 e successive modifiche; b) le associazioni di promozione sociale di cui alla l.r. 22/1999 e successive modifiche; c) le associazioni di cui alla legge regionale 24 maggio 1990, n. 58 (Concessione di contributi ad associazioni sociali regionali) e successive modifiche; d) le cooperative sociali di cui alla l.r. 24/1996 e successive modifiche; e) le imprese sociali di cui al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155 (Disciplina dell’impresa sociale, a norma della legge 13 giugno 2005, n. 118) e successive modifiche; f) le fondazioni; g) le fondazioni di partecipazione e di comunità; h) gli istituti di patronato e di assistenza sociale di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152 (Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale) e successive modifiche; i) gli enti ausiliari di cui all’articolo 2 della legge regionale 22 settembre 1982, n. 44 (Disciplina delle attività di prevenzione e riabilitazione degli alcoolisti e tossicodipendenti svolte dagli enti ausiliari di cui all' articolo 94 della legge 22 dicembre 1975, n.685) e successive modifiche; j) gli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese; k) gli altri soggetti privati non a scopo di lucro. 3 Gli enti del terzo settore affidatari dei servizi devono garantire l’applicazione dei contratti di lavoro, compreso il rispetto degli inquadramenti professionali, l’attuazione delle norme per la sicurezza sul lavoro del personale e la clausola sociale. 4. Per le finalità di cui al comma 1, la Giunta regionale si avvale degli osservatori sul volontariato e sull’associazionismo di cui rispettivamente all’articolo 8 della l.r. 29/1993 e all’articolo 10 della l.r. 22/1999 nonché di altre reti associative di secondo livello con il fine di ampliare la solidarietà sociale del terzo settore. 5. Fanno parte del terzo settore anche gli enti associativi dei soggetti di cui al comma 2. Art. 40
(Servizio civile volontario) 1. La Regione, attraverso l’approvazione di un’apposita legge regionale, promuove lo sviluppo e la valorizzazione del servizio civile volontario, quale importante risorsa della comunità, attraverso progetti finalizzati a soddisfare bisogni sociali, culturali, ambientali, di protezione civile ed educativi, allo scopo di: a) valorizzare la persona con particolare riferimento al mondo giovanile, sul piano culturale, della solidarietà e della cittadinanza attiva, al fine di concorrere alla prevenzione dell’esclusione sociale; b) favorire l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani con aumentata consapevolezza dei temi sociali; c) consentire alla collettività di fruire di occasioni di apprendimento e di scambio dei valori interculturali e intergenerazionali; d) promuovere il senso di appartenenza alla comunità regionale, nazionale, europea ed internazionale, attraverso lo sviluppo di appositi progetti; e) promuovere la cultura della pace, della non violenza, del senso civico e della solidarietà, la cooperazione, il confronto interculturale, i diritti umani, quali efficaci fattori di gestione dei conflitti sociali, di prevenzione della guerra e di ogni forma di conflittualità armata e non armata. 2. La Regione adotta forme di collaborazione con l’Ufficio nazionale per il servizio civile di cui all’articolo 8 della legge 8 luglio 1998, n. 230 (Nuove norme in materia di obiezione di coscienza) e promuove iniziative sperimentali, favorendo altresì la certificazione delle competenze acquisite ed il riconoscimento di crediti formativi individuali, anche attraverso appositi accordi con le università e con le istituzioni scolastiche e professionali. 1. La Regione e gli enti locali assicurano l’attuazione della presente legge garantendo la consultazione dei cittadini e degli utenti, sia come singoli sia nelle formazioni sociali ove svolgono la propria personalità, nonché nella programmazione e realizzazione dei servizi. È altresì prevista la partecipazione degli stessi alla valutazione della qualità dei servizi e degli interventi offerti dal sistema integrato. 2. I comuni, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione dei cittadini al sistema integrato, disciplinando i rapporti con gli organismi stessi e le procedure per la consultazione della popolazione. 1. La Regione, gli enti locali e gli altri soggetti interessati, in relazione alle proprie competenze, assicurano l’attuazione della presente legge garantendo l’informazione completa e dettagliata, la consultazione, la concertazione e la contrattazione sindacale in conformità con le previsioni della vigente normativa statale e regionale. 1. Il distretto socio-sanitario costituisce l’ambito territoriale ottimale all’interno del quale i comuni esercitano in forma associata, utilizzando le forme associative di cui al titolo II, capo V, del d.lgs. 267/2000 e successive modifiche, le funzioni e i compiti di cui all’articolo 35, commi 2 e 3 ed è individuato con deliberazione della Giunta regionale (4), a seguito della consultazione della Conferenza locale per la sanità di cui all’articolo 12 della legge regionale 16 giugno 1994, n. 18 (Disposizioni per il riordino del servizio sanitario regionale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni e integrazioni. Istituzione delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere), in coerenza con l’articolazione dei distretti sanitari definiti ai sensi dell’articolo 19, comma 6, della l.r. 18/1994. 2. Qualora nell’ambito territoriale del distretto socio-sanitario siano presenti una o più unioni di comuni il cui ambito territoriale sia di dimensione inferiore a quello distrettuale, la gestione associata delle funzioni di cui al comma 1 è esercitata anche attraverso la forma associativa di cui all’articolo 30 del d.lgs. 267/2000. 3. Il distretto socio-sanitario è la dimensione territoriale in cui si integrano, ai sensi dell’articolo 3 septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche, le prestazioni sociali a valenza sanitaria, erogate dai comuni in forma associata, e le prestazioni sanitarie a valenza sociale ed ad elevata integrazione socio-sanitaria, erogate dal distretto sanitario. 4. Gli organismi di cui all’articolo 44 individuano il comune o l’ente capofila del distretto socio-sanitario. 5. Le disposizioni della presente legge, relative alla gestione associata da parte dei comuni del sistema integrato, non si applicano ai distretti socio-sanitari il cui ambito coincide con il territorio di un solo comune. 1. Le funzioni di indirizzo e programmazione dei servizi e degli interventi gestiti dai comuni in forma associata a livello di distretto socio-sanitario sono svolte: a) dal comitato composto dai sindaci dei comuni e dai presidenti delle unioni aderenti alla convenzione, in caso di utilizzazione della forma associativa di cui all’articolo 30 del d.lgs. 267/2000; b) dagli organi dell’unione secondo quanto stabilito dallo statuto dell’unione stessa, in caso di utilizzazione della forma associativa di cui all’articolo 32 del d.lgs. 267/2000 e successive modifiche. 2. Per i consorzi di cui all’articolo 31 del d.lgs. 267/2000 e successive modifiche, istituiti nel territorio regionale per la gestione associata a livello distrettuale di servizi sociali, le funzioni di cui al comma 1 sono svolte dall’assemblea consortile. 3. Gli organismi di cui ai commi 1 e 2 in particolare: a) stabiliscono gli indirizzi e le direttive per il conseguimento delle finalità connesse con l’organizzazione e la gestione locale del sistema integrato; b) approvano il piano sociale di zona di cui all’articolo 48 e ne verificano l’attuazione; c) coinvolgono, nell’ambito dei processi di programmazione, le organizzazioni del terzo settore, le organizzazioni sindacali e gli altri soggetti che concorrono alla realizzazione del sistema integrato presenti sul territorio, per la formulazione di pareri e proposte; d) istituiscono l’ufficio di piano di cui all’articolo 45, individuando il personale e le risorse necessarie per il suo finanziamento; e) adottano strumenti regolamentari utili alla gestione associata delle funzioni socio-assistenziali nel distretto ed in particolare: 1) il regolamento di organizzazione e funzionamento; 2) il regolamento di contabilità.
4 bis. Al fine di assicurare la funzionalità dell’ufficio di piano, l’organismo di cui all’articolo 44 può, previa autorizzazione della Regione, destinare una quota delle risorse assegnate dalla Regione per l’attuazione dei piani sociali di zona, nella misura minima del 5 per cento, a misure di valorizzazione del merito ed incentivazione della performance del personale dell’ufficio di piano e al reclutamento di personale da destinare all’ufficio, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, della normativa vigente in tema di pubblico impiego e delle disposizioni del contratto collettivo nazionale di riferimento. (5a) CAPO VI
PROGRAMMAZIONE DEL SISTEMA INTEGRATO Art. 46 (Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali) 1. La Regione approva il piano regionale degli interventi e dei servizi sociali, di seguito denominato piano sociale regionale, integrato con il piano sanitario regionale ed in raccordo con gli atti di programmazione in materia educativa e formativa, del lavoro, culturale, sportiva ed abitativa. 2. Il piano sociale regionale definisce la programmazione degli interventi e dei servizi del sistema integrato e individua in particolare: a) gli obiettivi di benessere sociale da perseguire in relazione agli stati di bisogno ed ai fattori di rischio sociale da contrastare, in coerenza con la programmazione sanitaria regionale per quanto concerne gli obiettivi da realizzare attraverso prestazioni socio-sanitarie integrate; b) gli stati di bisogno nonché le aree e le azioni prioritarie di intervento; c) le tipologie dei servizi e degli interventi che costituiscono i livelli essenziali di prestazioni da assicurare in modo omogeneo sul territorio; d) i parametri per la valutazione delle condizioni di accesso prioritario alle prestazioni, di cui all’articolo 6, comma 5; e) le modalità di verifica dei risultati; f) le modalità di erogazione delle prestazioni sociali da garantire sul territorio regionale e le condizioni di esigibilità delle medesime; g) le modalità di raccordo fra la programmazione regionale e quella locale e le modalità per la formulazione dei piani sociali di zona di cui all’articolo 48, per la loro attuazione e la loro verifica; h) l’entità e le modalità di finanziamento del sistema integrato, con indicazione, in coerenza con la programmazione sanitaria regionale, della quota di risorse finanziarie destinata alle attività sociali a rilevanza sanitaria e all’attivazione e gestione dei punti unici di accesso di cui all’articolo 52; i) gli obiettivi e le priorità per la concessione dei contributi per spese di investimento; j) i criteri di ripartizione fra i distretti socio-sanitari delle risorse finanziarie di cui all’articolo 64, comma 3, nonché l’eventuale quota di risorse destinate alla realizzazione di progetti di interesse regionale ai sensi dell’articolo 33, comma 2, lettera w); k) i parametri per la determinazione del sistema tariffario e della compartecipazione degli utenti ai costi delle prestazioni; l) i criteri per la sperimentazione di servizi e interventi volti a rispondere a nuovi bisogni sociali e a introdurre modelli organizzativi e gestionali innovativi; m) i programmi speciali di intervento sociale finalizzati alla riqualificazione di specifiche aree territoriali o alla soluzione di particolari problematiche sociali; n) il fabbisogno di strutture residenziali e semiresidenziali per le diverse tipologie di utenza; o) le modalità per il coordinamento e l'integrazione dei servizi socio-assistenziali con quelli sanitari ed educativo-scolastici; p) le esigenze e gli ambiti di formazione, riqualificazione ed aggiornamento degli operatori sociali e socio-sanitari nell'area dell'assistenza sociale; q) le risorse per la realizzazione ed il funzionamento del sistema informativo dei servizi sociali; r) le modalità per la programmazione partecipata e per il coinvolgimento degli utenti nel controllo della qualità dei servizi e degli interventi del sistema integrato. 3. Il piano sociale regionale, predisposto in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, ha durata triennale e può essere annualmente aggiornato, previo parere della commissione regionale competente e della delegazione di concertazione del Consiglio delle autonomie locali (CAL) di cui all’articolo 12 della legge regionale 26 febbraio 2007, n. 1 (Disciplina del Consiglio delle Autonomie locali) e successive modifiche, a seguito delle verifiche dei risultati raggiunti, al fine di adeguarlo alle nuove esigenze o alle specifiche disposizioni statali in materia. Art. 47
1. Lo schema del piano sociale regionale è predisposto dalla Giunta regionale ed è sottoposto al parere della Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria regionale di cui all’articolo 55, di Roma Capitale, della delegazione del CAL, delle reti associative di secondo livello del terzo settore, dell’Osservatorio permanente sulle famiglie di cui all’articolo 10 della l.r. 32/2001 e successive modifiche, delle consulte di settore e delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.(Predisposizione ed approvazione del piano sociale regionale) 2. La Giunta regionale, effettuate le consultazioni con i soggetti di cui al comma 1, approva, con propria deliberazione (6), la proposta di piano sociale regionale da sottoporre all’esame del Consiglio regionale (7). 3. Il piano sociale regionale è approvato con deliberazione del Consiglio regionale, previo parere del CAL, ed ha efficacia vincolante dopo la pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione (BUR). Il piano è pubblicato nella sezione Amministrazione trasparente dei siti istituzionali del Consiglio e della Giunta regionale. 4. La Giunta regionale, entro il 30 settembre dell’ultimo anno di validità del piano sociale regionale, presenta al Consiglio regionale la proposta del piano sociale regionale per il triennio successivo, che è predisposta ed approvata con le modalità di cui ai commi 1, 2 e 3. Fino all’adozione del piano sociale regionale permane, comunque, la validità del precedente. 5. Roma Capitale, i comuni, nonché tutti gli altri enti pubblici, operanti nella Regione nel settore socio-assistenziale e socio-sanitario, nell’esercizio delle funzioni di loro competenza, si uniformano ai contenuti del piano sociale regionale. 1. Il piano sociale di zona, predisposto sulla base delle indicazioni del piano sociale regionale, è lo strumento di programmazione degli interventi e dei servizi del sistema integrato locale da realizzare nell’ambito del distretto socio-sanitario, ha durata triennale e viene aggiornato annualmente. 2. Il piano sociale di zona, previa analisi e valutazione dei bisogni e dell’offerta dei servizi nell’ambito territoriale di riferimento, è definito in coerenza con la programmazione sanitaria di ambito regionale distrettuale e dell’azienda sanitaria locale e prevede in particolare: a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento; b) gli obiettivi economici e finanziari da assegnare ai responsabili dell’attuazione del piano finalizzati alla loro valutazione; c) la programmazione e il coordinamento dei servizi e degli interventi del sistema integrato; d) gli strumenti e i mezzi per la realizzazione e la gestione dei servizi e degli interventi del sistema integrato; e) gli indirizzi per l’organizzazione e la gestione coordinata e integrata nell’ambito del distretto socio-sanitario delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, a carico dei comuni, con le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, a carico dell’azienda sanitaria locale, d’intesa con l’azienda sanitaria locale; f) le risorse finanziarie e la relativa ripartizione degli oneri tra azienda sanitaria locale e comuni per l’erogazione a livello distrettuale delle prestazioni socio-sanitarie di cui alla lettera e); g) le modalità per realizzare il coordinamento con gli enti che gestiscono i servizi territoriali, con particolare riferimento ai servizi educativi e scolastici e a quelli gestiti dall’amministrazione penitenziaria e della giustizia; h) le modalità e gli strumenti per il monitoraggio sullo stato dei bisogni e del sistema locale dei servizi che consentano la misurabilità degli obiettivi assegnati e l’identificazione delle inefficienze; i) i criteri per la valutazione di impatto della programmazione effettuata a livello locale; j) le forme e le modalità di partecipazione dei cittadini e degli utenti al controllo della qualità dei servizi. 3. Il piano sociale di zona è comprensivo del piano distrettuale per la non autosufficienza di cui all’articolo 5 della legge regionale 23 novembre 2006, n. 20 (Istituzione del fondo regionale per la non autosufficienza). 4. Il piano sociale di zona è approvato dagli organismi di indirizzo e programmazione di cui all’articolo 44, d’intesa con l’azienda sanitaria locale competente limitatamente alle attività socio-sanitarie. 5. Le organizzazioni sindacali e le reti associative di secondo livello del terzo settore sono coinvolti nella fase istruttoria di elaborazione del piano di zona ed esprimono parere sulla proposta di piano. 6. Gli indirizzi e le risorse, di cui rispettivamente al comma 2, alle lettere e) ed f), coincidono con quelli indicati nel programma per le attività territoriali (PAT) del distretto sanitario, di cui all’articolo 3-quater, comma 2, del d.lgs. 502/1992 e successive modifiche. 7. Per le finalità di cui al comma 4 il PAT, ai sensi dell’articolo 3-quater, comma 3, lettera c), del d.lgs. 502/1992 e successive modifiche, è proposto, previo parere degli organismi di indirizzo e programmazione di cui all’articolo 44, dal direttore del distretto sanitario ed è approvato dal direttore generale dell’azienda sanitaria locale competente, d’intesa, limitatamente alle attività socio-sanitarie, con i predetti organismi di indirizzo e programmazione. 8. All’interno dei piani sociali di zona la Regione prevede l’inserimento di progetti dedicati alla promozione dell’amministratore di sostegno, anche attraverso l’istituzione di uffici integrati per la protezione giuridica delle persone fragili. L’amministratore di sostegno si definisce quale figura innovativa nel campo della protezione giuridica delle persone fragili. 9. Il monitoraggio e la verifica dei risultati sono predisposti dall’ufficio di piano sulla base delle indicazioni contenute nel piano sociale regionale. 10. Il piano sociale di zona è pubblicato nella sezione Amministrazione trasparente dei siti istituzionali dei comuni e delle aziende sanitarie locali.
c bis) le modalità per la tenuta e l’aggiornamento degli elenchi regionali; (8a) Art. 50
(Verifiche) 1. La Giunta regionale verifica: a) la coerenza dei piani sociali di zona alle indicazioni del piano sociale regionale; b) lo stato di attuazione del piano sociale regionale e dei piani sociali di zona. 2. Per la finalità di cui al comma 1, Roma Capitale e gli organismi di cui all’articolo 44, secondo le modalità indicate nel piano sociale regionale e sulla base di schemi tipo approvati con deliberazione della Giunta regionale, trasmettono annualmente alla Regione i piani sociali di zona e le relazioni sul loro stato di attuazione da parte dei responsabili. 3. La verifica di cui al comma 1, lettera a), costituisce il presupposto per l’erogazione delle risorse finanziarie di cui all’articolo 64, comma 3. 4. La verifica di cui al comma 1, lettera b), costituisce il presupposto per gli eventuali aggiornamenti annuali del piano sociale regionale ed è utilizzata dalla Giunta regionale per la relazione da trasmettere al Consiglio regionale e al CAL. CAPO VII
DISPOSIZIONI PER L’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA Art. 51 (Integrazione socio-sanitaria) 1. Sono prestazioni socio-sanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione in termini di recupero e mantenimento delle autonomie personali, d’inserimento sociale e miglioramento delle condizioni di vita. 2. Le prestazioni socio-sanitarie, ai sensi dell’articolo 3-septies, comma 2, del d.lgs. 502/1992 e successive modifiche e dell’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie) si distinguono in: a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativo invalidanti di patologie congenite e acquisite; b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute; c) prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria che attengono prevalentemente alle aree: materno infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche, dipendenze, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. 3. Per garantire il coordinamento e l’integrazione tra le prestazioni di cui al comma 2, le aziende sanitarie locali e i comuni stipulano una convenzione o accordo di programma secondo uno schema tipo approvato con la deliberazione della Giunta regionale di cui al comma 7. 4. Per l’organizzazione coordinata e integrata delle prestazioni di cui al comma 2, il direttore del distretto sanitario e il responsabile dell’ufficio di piano operano d’intesa, per il raggiungimento degli obiettivi di salute e di benessere fissati nei piani attuativi locali e nei piani sociali di zona. 5. Il conseguimento degli obiettivi d’integrazione di cui al comma 4 costituisce elemento fondamentale di valutazione del direttore del distretto sanitario e del responsabile dell’ufficio di piano. 6. Per la gestione e l’erogazione coordinata ed integrata delle prestazioni socio-sanitarie di cui al comma 2, l’azienda sanitaria locale e i comuni associati definiscono i rispettivi budget, creando un budget unico di distretto impostato e valorizzato mediante indicatori standard di efficacia e di efficienza per misurare le prestazioni e la spesa che devono essere assegnati a responsabili identificabili e i criteri di partecipazione alla spesa, concorrendo con proprie risorse finanziarie in coerenza con gli indirizzi programmatici regionali. 7. La Giunta regionale, su proposta del tavolo di coordinamento interassessorile per l’integrazione socio-sanitaria e previo parere delle commissioni consiliari competenti, approva, con propria deliberazione, le linee guida regionali per l’integrazione socio-sanitaria, da allegare al piano sociale regionale e al piano sanitario regionale, con cui: a) individua le prestazioni da ricondurre alle tipologie indicate al comma 2, in attuazione del d.p.c.m. 14 febbraio 2001, tenuto conto dei livelli essenziali di cui all’articolo 22; b) determina i criteri di finanziamento delle stesse; c) individua gli strumenti di incentivazione e di verifica dei livelli di integrazione socio-sanitaria nei diversi distretti; d) stabilisce che ogni azienda sanitaria locale, per il territorio di propria competenza, rediga, controlli ed aggiorni, in piena trasparenza le liste di attesa delle prestazioni socio-sanitarie; e) definisce i criteri di accesso alle prestazioni socio-sanitarie erogate direttamente dalle aziende sanitarie locali; f) approva lo schema di convenzione o accordo di programma di cui al comma 3; g) definisce gli standard di efficacia ed efficienza per la misurazione delle prestazioni e per la valutazione degli obiettivi strategici. Art. 52 (Punto unico di accesso alle prestazioni sociali, socio-sanitarie e sanitarie con continuità assistenziale) 1. Al fine di favorire la fruizione da parte degli utenti dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari erogati nell’ambito del distretto, i comuni e le aziende sanitarie locali istituiscono in ogni ambito territoriale ottimale un punto unico di accesso all’insieme dei servizi stessi (PUA). 2. Sono funzioni specifiche del PUA: a) orientare le persone e le famiglie sui diritti alle prestazioni sociali, socio-sanitarie e sanitarie e di continuità assistenziale e sulle modalità per accedere ad esse ferma restando l’equità nell’accesso ai servizi, con particolare riferimento alla tutela dei soggetti più deboli; b) agevolare l’accesso unitario alle prestazioni di cui alla lettera a), favorendo l’integrazione tra i servizi sociali e quelli sanitari; c) avviare la presa in carico, mediante una prevalutazione integrata socio-sanitaria funzionale all’identificazione dei percorsi sanitari, socio-sanitari o sociali appropriati; d) segnalare le situazioni connesse con bisogni socio-sanitari complessi per l’attivazione della valutazione multidimensionale e della presa in carico integrata di cui all’articolo 53. 3. Il PUA deve avere, in via privilegiata, diversi punti d’accesso decentrati presso i servizi territoriali quali segretariato sociale, il Centro unico di prenotazione (CUP) e il RECUP prenotazione prestazioni sanitarie delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere e le case della salute, gli sportelli sociali attivati da enti pubblici, ospedali, ambulatori, presidi delle aziende sanitarie locali e presidi socio-sanitari in generale, enti del terzo settore, sindacati ed enti di patronato collegati tra loro nell’ottica della realizzazione di un’efficiente ed efficace funzionalità informativa. 4. Le risorse umane, strumentali e finanziarie per l’attivazione ed il funzionamento del PUA, ivi comprese le attività di formazione del personale, sono fornite dalle aziende sanitarie locali e dai comuni associati nell’ambito territoriale ottimale. 5. Il PUA utilizza, nell’ambito di un più ampio sistema informativo relativo alle attività socio-sanitarie, un apposito strumento, definito cartella socio-sanitaria, per la registrazione informatizzata dei dati relativi all’utenza, alla domanda espressa, alla valutazione integrata dei casi, alla presa in carico, alla gestione dei casi ed ai loro esiti conclusivi, acquisiti anche dai soggetti erogatori dei servizi, nel rispetto del diritto alla riservatezza degli utenti. Tali dati sono altresì forniti in forma aggregata al SISS. 6. Con deliberazione della Giunta regionale, su proposta formulata di concerto degli Assessori competenti in materia di politiche sociali e di sanità, sono stabilite linee guida in ordine all’organizzazione, alla dotazione organica ed alle modalità di finanziamento del PUA. 1. Il piano personalizzato, in presenza di bisogni complessi della persona che richiedono l’intervento di diversi servizi ed operatori sociali, sanitari e socio educativi, è predisposto da apposita unità valutativa multidisciplinare, attivata dal PUA, d’intesa con l’assistito ed eventualmente con i suoi familiari, in base ad una valutazione multidimensionale della situazione della persona, tenendo conto della natura del bisogno, della complessità, dell’intensità e della durata dell’intervento assistenziale. 2. Il piano personalizzato di cui al comma 1 individua gli obiettivi da raggiungere, gli interventi di tipo sociale, sanitario ed educativo, le figure professionali ad essi preposti, responsabile del caso preposto al loro coordinamento, le modalità e i tempi di attuazione, nonché i relativi costi e la loro ripartizione tra le aziende sanitarie locali e comuni e l’eventuale compartecipazione dell’utente. Il piano personalizzato, nel corso della durata dell’intervento assistenziale, può subire dei correttivi orientati a perfezionare il raggiungimento degli obiettivi fissati. 3. Al fine di prevenire il fenomeno dell’interruzione delle cure al momento delle dimissioni da strutture sanitarie e dei ricoveri impropri, sono attivati percorsi domiciliari di continuità assistenziale che garantiscono la prosecuzione delle prestazioni sanitarie in forma integrata con le prestazioni sociali. 4. La Regione disciplina i criteri e le modalità mediante i quali comuni e aziende sanitarie locali garantiscono l’integrazione, su base distrettuale, delle prestazioni sociosanitarie di rispettiva competenza e, nel rispetto del principio di sussidiarietà e di complementarietà tra gli erogatori delle prestazioni sociosanitarie, promuove la centralità e la partecipazione dei cittadini e la corresponsabilità della presa in carico da parte del personale dell’azienda sanitaria locale e degli enti locali con soggetti del terzo settore, utenti e loro familiari. 5. La Regione, al fine di dare attuazione alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sui “determinanti sociali della salute” e alle relative raccomandazioni del 2009 e in osservanza di quanto sancito dall’articolo 32 della Costituzione in merito al diritto alla salute, adotta una metodologia di integrazione sociosanitaria basata su progetti personalizzati sostenuti da budget di salute, costituiti dall’insieme di risorse economiche, professionali e umane necessarie a promuovere contesti relazionali, familiari e sociali idonei a favorire una migliore inclusione sociale del soggetto assistito garantendo comunque le prestazioni socio-sanitarie essenziali. (8b) 6. La Giunta regionale, previo parere delle commissioni consiliari competenti, approva specifiche linee guida per la definizione della metodologia di integrazione socio-sanitaria di cui al comma 5. Art. 54
(Conferenza locale sociale e sanitaria) 1. La Conferenza locale per la sanità, istituita in ciascuna azienda sanitaria locale ai sensi dell’articolo 12 della l.r. 18/1994 e successive modifiche, in quanto portatrice degli interessi complessivi delle comunità locali in campo sociale, socio-sanitario e sanitario, assume la denominazione di Conferenza locale sociale e sanitaria. 2. La Conferenza locale sociale e sanitaria, nell’esercizio delle funzioni di cui all'articolo 13 della l.r. 18/1994 e successive modifiche, valuta i bisogni sociali, socio-sanitari e sanitari delle comunità rappresentate, per realizzare con l’azienda sanitaria locale processi integrati di protezione sociale, sociosanitaria e sanitaria a favore dei cittadini. 3. Le Conferenze locali sociali e sanitarie concorrono alla programmazione sociale, sanitaria e socio-sanitaria regionale attraverso la partecipazione dei loro presidenti alla Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria regionale di cui all’articolo 55. 4. La Conferenza locale sociale e sanitaria promuove e coordina la stipula degli accordi in materia di integrazione socio-sanitaria prevista dai piani di zona, tenuto conto delle indicazioni del piano regionale degli interventi e dei servizi sociali ed assicurando l’integrazione e la coerenza con i piani per la salute previsti dal piano sanitario regionale. 5. La Conferenza locale sociale e sanitaria promuove e coordina la stipula degli accordi in materia di integrazione socio-sanitaria prevista dai piani sociali di zona di cui all’articolo 48, tenuto conto delle indicazioni del piano sociale regionale di cui all’articolo 46 ed assicurando l’integrazione e la coerenza con i piani per la salute previsti dal piano sanitario regionale. 6. La Conferenza locale sociale e sanitaria si avvale del supporto tecnico dei responsabili degli uffici di piano ricompresi nel territorio dell’azienda sanitaria locale. Art. 55 (Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria regionale) 1. La Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale è composta, oltre che dai soggetti di cui all’articolo 2, comma 2 bis, del d.lgs. 502/1992 e successive modifiche, dagli Assessori regionali competenti in materia di politiche sociali e sanitarie, dai presidenti delle Conferenze locali sociali e sanitarie, dai direttori generali delle aziende sanitarie locali, dal sindaco di Roma Capitale. 2. Alla Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale sono invitati i direttori generali delle aziende ospedaliere quando essa tratta materie di loro competenza. 3. La Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale formula pareri e proposte alla Giunta regionale sulla programmazione sociale, socio-sanitaria e sanitaria, nonché sulla valutazione dei progetti socio-sanitari di livello sovradistrettuale o regionale e, più in generale, su tutti gli aspetti dell’integrazione socio-sanitaria regionale. 4. Con deliberazione della Giunta regionale, su proposta formulata di concerto dagli Assessori regionali competenti in materia di politiche sociali e sanitarie, sono disciplinate le modalità di costituzione, convocazione e funzionamento della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale. 5. La Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale si avvale del supporto tecnico di un apposito gruppo di lavoro permanente, composto da personale in servizio presso le strutture competenti in materia sanitaria e sociale, la cui composizione ed il cui funzionamento sono stabiliti con deliberazione della Giunta regionale, su proposta degli Assessori competenti in materia. I componenti del gruppo di lavoro permanente prestano la loro attività gratuitamente. 6. La Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale si avvale, altresì, della collaborazione dell’Osservatorio regionale permanente sulle famiglie e della Consulta regionale per i problemi della disabilità e dell’handicap di cui rispettivamente agli articoli 72 e 74 dello Statuto e della Consulta per la salute mentale di cui alla l.r. 6/2006, nonché degli Osservatori sul volontariato e sull’associazionismo di cui rispettivamente all’articolo 8 della l.r. 29/1993 e all’articolo 10 della l.r. 22/1999. CAPO VIII
STRUMENTI PER LA QUALITÀ DEL SISTEMA INTEGRATO Art. 56 (Carta sociale del cittadino) 2. La Carta sociale del cittadino contiene: a) gli obiettivi ed i programmi di miglioramento della qualità della vita e del benessere sociale; b) la mappa dei percorsi assistenziali e la tipologia dei servizi e degli interventi sociali presenti nel territorio; c) i riferimenti ai livelli essenziali delle prestazioni disciplinati nel piano sociale di zona; d) le modalità e i criteri di accesso ai percorsi assistenziali. 3. La Carta sociale del cittadino è portata a conoscenza degli utenti mediante affissione presso i singoli comuni o presso il comune capofila del distretto socio-sanitario in luogo accessibile a tutti e con ogni altro mezzo idoneo a garantirne la massima diffusione, compresa la pubblicazione nella sezione Amministrazione trasparente dei siti dei comuni. Art. 57 (Carta dei servizi sociali) 2. La carta dei servizi sociali contiene in particolare i seguenti elementi: a) caratteristiche delle prestazioni; b) modalità di accesso, orari e tempi di erogazione; c) tariffa per ciascuna prestazione; d) eventuale compartecipazione alla spesa da parte degli utenti; e) assetto organizzativo interno e individuazione del responsabile della struttura e dei responsabili dei servizi; f) procedure amministrative per la presa in carico e la diffusione delle informazioni; g) modalità per l’applicazione di forme di tutela dei cittadini attraverso procedure di reclamo e di risarcimento nei confronti dei responsabili dei servizi, nonché per le eventuali segnalazioni agli ordini professionali competenti; h) modalità di rilevazione della qualità erogata e percepita nei servizi, nonché di partecipazione degli utenti al controllo di qualità dei servizi; i) standard generali e specifici della qualità dei servizi. 3. L’adozione della carta dei servizi sociali rappresenta requisito necessario per l'autorizzazione dei servizi e delle strutture ed è portata a conoscenza degli utenti con ogni mezzo idoneo a garantirne la massima diffusione, compresa la sua pubblicazione sui siti dei soggetti pubblici e privati di cui al comma 1. 4. La carta dei servizi sociali deve essere consegnata all’utente prima dell’inizio della prestazione richiesta. Art. 58
(Affidamento dei servizi) 1. Per l’affidamento dei servizi del sistema integrato ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 5 della l. 328/2000 si applica quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell’art. 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328). 2. L’affidamento dei servizi del sistema integrato avviene comunque: a) secondo modalità tali da permettere il confronto tra più soggetti e più offerte e la valutazione dei diversi elementi di qualità dell’offerta, con particolare riguardo all’efficacia e all’appropriatezza delle prestazioni; b) nel rispetto delle clausole dei contratti collettivi nazionali e degli accordi decentrati, delle tabelle relative al costo del lavoro adottate dal Ministero competente in materia di lavoro e di politiche sociali ai sensi dell’articolo 23, comma 16, del d.lgs. 50/2016 e della normativa vigente in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro; c) valutando le offerte secondo il metodo della proposta economicamente più vantaggiosa, sulla base della qualità e del prezzo, attribuendo al fattore prezzo una valutazione che non pregiudichi la qualità; d) secondo modalità che consentano, in merito alla fattispecie del cambio di gestione, il mantenimento delle professionalità e dei livelli occupazionali preesistenti; e) garantendo criteri mirati ad ottenere qualità e appropriatezza delle prestazioni e valorizzando l’impresa sociale legata all’economia locale e contrastando la delocalizzazione del lavoro. 3. Gli enti del terzo settore che svolgono attività di assistenza diretta a pagamento alle persone, con personale che assicura attività lavorativa a tempo indeterminato o con contratto a termine, devono documentare l’applicazione del contratto di lavoro, delle norme in materia di sicurezza e ogni altra norma fiscale assicurando il rispetto della normativa sugli appalti pubblici. 4. Gli enti del terzo settore accreditati all’erogazione dei servizi per poter partecipare a gare o appalti devono garantire e documentare l’applicazione dei contratti di lavoro, compreso il rispetto degli inquadramenti professionali, l’attuazione delle norme per la sicurezza sul lavoro del personale che svolge attività lavorativa continuativa in numero adeguato al servizio da svolgere. Art. 59
(Vigilanza) 1. La vigilanza sulle strutture e sui servizi del sistema integrato, autorizzati ai sensi della l.r. 41/2003, avviene secondo le modalità previste dall’articolo 12 della medesima legge, in collaborazione con le strutture dell’azienda sanitaria locale competente per territorio. 2. Nei casi di accertate violazioni della normativa vigente in materia, si applicano le sanzioni amministrative previste dall’articolo 13 della l.r. 41/2003. 3. La vigilanza sui soggetti del terzo settore avviene secondo le modalità stabilite dalla normativa vigente in materia. Art. 60
(Formazione e aggiornamento delle figure professionali sociali) 1. La formazione, l’aggiornamento e la supervisione degli operatori costituiscono strumento per la promozione della qualità e dell’efficacia del sistema integrato, per l’integrazione professionale e per lo sviluppo dell’innovazione organizzativa e gestionale. 2. La Regione e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, tenendo in considerazione le esigenze di raccordo dei percorsi formativi e di integrazione delle diverse professionalità, promuovono: a) la formazione e l’aggiornamento professionale degli operatori sociali e degli operatori dell’area socio-sanitaria; b) iniziative formative a sostegno della qualificazione delle attività dei soggetti del terzo settore; c) specifici percorsi formativi rivolti agli operatori e ai familiari per sensibilizzare sulle nuove forme di assistenza per persone che hanno difficoltà nell’espletamento delle attività di vita quotidiana. 3. I soggetti pubblici e privati, erogatori delle prestazioni sociali e socio-sanitarie, promuovono e agevolano la partecipazione degli operatori ad iniziative di formazione, qualificazione e aggiornamento. Art. 61
(Valutazione della qualità degli interventi e dei servizi) 1. La Regione, ai fini della valutazione della qualità degli interventi e servizi del sistema integrato: a) attiva, in collaborazione con gli enti locali e con l’Università e gli Istituti di ricerca scientifica e tecnologica, processi di partecipazione dei cittadini, anche favorendo l’attività delle associazioni di tutela degli utenti e delle organizzazioni sociali e sindacali; b) effettua periodicamente un monitoraggio, sulla base delle informazioni acquisite dai comuni. 2. I cittadini utenti possono presentare reclami in materia di funzionamento e qualità dei servizi al comune territorialmente competente e all’ufficio di cui all’articolo 62, anche tramite gli istituti di patronato e di assistenza sociale di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152 (Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale) e successive modifiche. 3. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, individua, con propria deliberazione, modalità e criteri per: a) la valutazione della qualità degli interventi e dei servizi erogati sul territorio dai soggetti pubblici e dai privati accreditati che tenga conto dei seguenti aspetti: 1) elemento tecnico-professionale; 2) elemento relazionale-interpersonale; 3) elemento organizzativo inteso anche come livello di comfort; b) la partecipazione dei cittadini al controllo della qualità degli interventi e dei servizi anche attraverso le associazioni dei consumatori e i patronati sindacali; c) la presentazione dei reclami da parte degli utenti di cui al comma 2. Art. 62
(Ufficio di tutela e garanzia dei diritti degli utenti del sistema integrato) 1. La Regione, in armonia con l’articolo 8, comma 4, della l. 328/2000, istituisce presso l’assessorato regionale competente in materia di politiche sociali, l’Ufficio di tutela e garanzia dei diritti degli utenti del sistema integrato, con compiti di impulso nei confronti degli enti e dei soggetti erogatori di interventi e servizi sociali, a fronte di segnalazioni e reclami da parte degli utenti che si ritengono lesi nei propri diritti, nonché delle loro associazioni rappresentative. 2. La Giunta regionale, con propria deliberazione, disciplina l’organizzazione ed il funzionamento dell’Ufficio di cui al comma 1, prevedendo forme di partecipazione delle organizzazioni rappresentative degli utenti e dei consumatori. Art. 63
(Osservatorio regionale delle politiche sociali) 1. E’ istituito, presso l’assessorato regionale competente in materia di politiche sociali, l’Osservatorio regionale delle politiche sociali, di seguito denominato Osservatorio, che coordina e realizza le azioni di monitoraggio del sistema dell’offerta e della domanda dei servizi sociali, della spesa sociale della Regione e degli enti locali, dello stato di attuazione del piano sociale regionale e dei piani sociali di zona, della qualità dei servizi erogati, nonché dei risultati delle politiche sociali adottate a livello regionale e locale. 2. L’Osservatorio, in particolare, provvede a: a) elaborare studi e analisi sul fenomeno della povertà e dell'esclusione sociale in ambito regionale; b) elaborare e sperimentare specifiche metodologie di ricerca, analisi e diffusione di modelli finalizzati al contrasto della povertà e dell'esclusione sociale; c) avviare attività di censimento, promozione e facilitazione delle reti di supporto formale e informale che operano in ambito sociale sulla povertà nel territorio regionale; d) promuovere forme di confronto e di collaborazione con le associazioni e gli altri soggetti che operano a favore delle persone e delle famiglie in stato di indigenza; e) avviare attività di formazione e aggiornamento sulle tematiche sociali rivolte agli operatori delle associazioni che operano nel settore; f) attività di consulenza, formazione ed informazione agli enti territoriali per l’adempimento dei compiti e delle funzioni di gestione e programmazione dei servizi e degli interventi per l’analisi dei problemi e l’indirizzo delle attività. 3. La Giunta regionale disciplina, con propria deliberazione, la composizione e il funzionamento dell’Osservatorio, prevedendo tra i suoi componenti esperti in materia di politiche sociali, rappresentanti di enti del terzo settore e delle organizzazioni sindacali, sociali ed economiche; la partecipazione all’Osservatorio è a titolo gratuito. 4. L’Osservatorio, per lo svolgimento delle proprie attività, si avvale dei flussi informativi del SISS, al quale può richiedere, altresì, l’effettuazione di studi e ricerche. 5. L’Osservatorio relaziona annualmente il Consiglio regionale sulle attività svolte.
4 bis. I distretti sociosanitari rendicontano le spese sostenute nell’esercizio finanziario per gli interventi del sistema integrato dei servizi sociali entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello da rendicontare. Entro il 30 aprile dello stesso anno, la relazione di cui all’articolo 50, comma 2, deve essere pubblicata e resa accessibile alla cittadinanza attraverso i canali ufficiali delle pubbliche amministrazioni afferenti al distretto sociosanitario. La differenza tra la quota annuale assegnata e trasferita per i piani sociali di zona di cui all’articolo 48 e gli importi rendicontati dai distretti sociosanitari e riconosciuti dagli uffici regionali costituisce anticipo della quota di riparto dell’anno successivo. (6a) Art. 65 (Compartecipazione al costo delle prestazioni) 1. Il concorso degli utenti ai costi delle prestazioni sociali e socio-sanitarie è stabilito con lo strumento della situazione economica equivalente (ISEE), di cui all’articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici) convertito, con modifiche, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e successive modifiche. 2. La Regione, in relazione a tipologie di prestazioni che per loro natura lo rendano necessario e ove non diversamente disciplinato in sede di definizione dei livelli essenziali relativi alle medesime tipologie di prestazioni, può prevedere, accanto all’ISEE, criteri ulteriori di valutazione, quale il quoziente familiare, ai sensi dell’articolo 3 della legge regionale 7 dicembre 2001, n. 32 (Interventi a sostegno della famiglia), parametrati anche al numero di figli e alla presenza nel nucleo familiare di un anziano e/o un disabile. CAPO X
DISPOSIZIONI FINALI Art. 66 (Clausola valutativa) 1. La Giunta regionale, con cadenza annuale, presenta al Consiglio regionale una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, con particolare riferimento: a) agli obiettivi previsti e alle criticità emerse; b) al livello dei servizi, degli interventi e delle prestazioni garantiti sul territorio; c) ai risultati degli interventi effettuati anche dal punto di vista dell’analisi costi-benefici del monitoraggio e dei controlli effettuati. 2. La Giunta regionale presenta, altresì, con cadenza triennale, un bilancio sociale per la valutazione delle ricadute sociali delle politiche e delle azioni del sistema integrato attuate nel periodo di riferimento. 3. La relazione di cui al comma 1 e il bilancio sociale di cui al comma 2 sono pubblicati nella sezione Amministrazione trasparente dei siti istituzionali del Consiglio e della Giunta regionale. Art. 67 (Potere sostitutivo) 2. Per le finalità di cui al comma 1, la Giunta regionale, sentito il CAL, assegna all’ente inadempiente un congruo termine per provvedere. 3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2 e sentito l’ente interessato, gli atti sono posti in essere in via sostitutiva dalla Regione attraverso la nomina di un commissario ad acta. Art. 68 (Disposizione finale. Criterio di attuazione e di interpretazione) 1. Il benessere e lo sviluppo della persona, sia come singolo che nelle formazioni sociali in cui si aggrega, in particolare la famiglia e le comunità sociali, quale unica destinataria degli interventi e dei servizi sociali, sono non solo la finalità ma anche l’unico criterio di attuazione e di interpretazione della presente legge e di tutti gli istituti contemplati. Art. 69 (Modifiche alla l.r. 41/2003 e successive modifiche) a) all’articolo 1: 1) la lettera b) del comma 2 dopo la parola: “disabili” sono aggiunte le seguenti: “comprese le persone affette da malattie cronico-degenerative invalidanti”; b) dopo l’articolo 1 è inserito il seguente: “Art. 1 bis (Integrazione sociosanitaria) 1. Nelle strutture di cui all’articolo 1 è consentita l’accoglienza anche di persone non autosufficienti, che non necessitano di assistenza sanitaria e presenza infermieristica per l’intero arco della giornata. 2. Le prestazioni sanitarie in favore dei soggetti di cui al comma 1 sono fornite dall’azienda sanitaria locale competente nelle forme previste per l’assistenza domiciliare integrata, sulla base di protocolli d’intesa con il comune in cui ha sede la struttura.”; c) la lettera b), del comma 1, dell’articolo 2, è abrogata; d) al comma 1 dell’articolo 3 dopo le parole: “I comuni” sono inserite le seguenti: “, singoli o associati,”; e) il secondo periodo dell’articolo 4, comma 3, è soppresso; f) dopo l’articolo 4 sono inseriti i seguenti: “Art. 4 bis (Cessione dell’autorizzazione) 1. L’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento della struttura che presta servizi socio-assistenziali può essere ceduta a terzi solo a seguito di trasferimento, in qualsiasi forma, del possesso o della detenzione della struttura ad un soggetto diverso da quello autorizzato e verifica della permanenza dei requisiti previsti dalla presente legge da parte del comune competente, che provvede alla relativa voltura entro il termine di cui all’articolo 4, comma 3. 2. In caso di decesso della persona fisica titolare dell’autorizzazione, gli eredi hanno facoltà di continuare l’esercizio dell’attività per un periodo non superiore ad un anno dal decesso, entro il quale gli eredi stessi possono, nel rispetto di quanto previsto dal comma 1, cedere a soggetti terzi l’autorizzazione all’esercizio ovvero provvedere alla voltura dell’autorizzazione in proprio favore. 3. Non rientrano nelle ipotesi di cessione dell’autorizzazione di cui ai commi 1 e 2, e comportano solo una modifica del provvedimento autorizzativo: a) le trasformazioni della forma giuridica, della denominazione, della ragione sociale o della sede legale del soggetto giuridico precedentemente autorizzato all’esercizio; b) la sostituzione del rappresentante legale della persona giuridica o organismo del terzo settore. Art. 4 ter (Decadenza dell’autorizzazione) 1. L’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento della struttura che eroga servizi socio-assistenziali decade in caso di: a) estinzione del soggetto autorizzato; b) rinuncia del soggetto autorizzato; c) provvedimenti definitivi sanzionatori adottati dall’autorità giudiziaria, con sentenza passata in giudicato, nei confronti del legale rappresentante del soggetto autorizzato; d) trasferimento dell’autorizzazione all’esercizio in mancanza della verifica dei requisiti di cui all’articolo 4 bis, comma 1; e) mancato inizio dell’attività entro il termine di sei mesi dal rilascio dell’autorizzazione, salvo diverso termine stabilito dal comune competente.”; g) alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 5 le parole: “anziani autosufficienti o parzialmente non autosufficienti” sono sostituite dalle seguenti: “persone anziane”; h) all’articolo 6 sono apportate le seguenti modifiche: 1) alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 6 le parole: “caratterizzata dalla presenza di operatori quali figure parentali” sono soppresse; 2) alla lettera b) del comma 1: a) le parole: “otto minori” sono sostituite dalle seguenti: “dodici minori”; b) dopo la parola “adolescenti,” è inserita la seguente: “anche”; 3) alla lettera c) del comma 1 la parola: “dieci” è sostituita dalla seguente: “dodici”; 4) il comma 2 è abrogato; i) la lettera b bis) del comma 1 dell’articolo 7 è abrogata; j) all’articolo 8 sono apportate le seguenti modifiche: a) alle lettere a), b) e c) del comma 1, le parole: “autosufficienti o parzialmente non autosufficienti” sono soppresse; b) alla lettera b) del comma 1 le parole: “tra le sette e le dodici” sono soppresse; k) l’articolo 9 è sostituito dal seguente: “Art. 9 (Strutture a ciclo residenziale per persone con problematiche sociali) 1. Le strutture a ciclo residenziale per persone con problematiche psicosociali si distinguono nella casa famiglia, rientrante nella tipologia di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), nella comunità alloggio e nella comunità di pronta accoglienza, rientranti nella tipologia di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), e sono destinate ad accogliere: a) persone in condizioni di disagio sociale, che necessitano di assistenza alloggiativa e sostegno nel percorso di autonomia e di inserimento o reinserimento sociale, quali ex detenuti, soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale, persone o nuclei familiari senza fissa dimora ed ex tossicodipendenti; b) ragazzi maggiorenni, già ospiti in strutture residenziali per minori o presso famiglie affidatarie, per il completamento del loro percorso di autonomia; c) persone con patologie psichiatriche stabilizzate prive di adeguato supporto familiare, in carico per gli aspetti sanitari ai competenti servizi sanitari delle aziende sanitarie locali, avviate a percorsi di acquisizione di autonomia e di reinserimento sociale; d) donne, anche con figli minori, che siano gestanti o madri in situazione di disagio sociale o donne vittime di violenza fisica o psicologica o vittime della tratta e sfruttamento sessuale, per le quali si renda necessario il distacco dal luogo in cui è avvenuta la violenza e l’inserimento in una comunità.”; l) dopo l’articolo 9 è inserito il seguente: “Art. 9 bis
(Programmi per la semiautonomia) 1. I programmi per la semiautonomia offrono un sostegno a livello abitativo e servizi di supporto e accompagnamento all’autonomia personale, sociale e lavorativa a persone disabili e a persone con patologie psichiatriche o con problematiche sociali, con capacità di autogestione e autonomia tali da non richiedere la presenza di operatori in maniera continuativa tramite l’enunciazione di precise fasce orarie definite in base al progetto specifico. 2. I programmi per la semiautonomia sono offerti in appartamenti di civile abitazione, organizzati come nuclei abitativi familiari che accolgono fino ad un massimo di sei ospiti con bisogni omogenei o compatibili, coinvolti in maniera continua e diretta nella conduzione e nella gestione della vita quotidiana. 3. Con deliberazione della Giunta regionale vengono definiti i requisiti e le modalità per l’attuazione dei programmi di cui al presente articolo.”; m) all’articolo 11 sono apportate le seguenti modifiche: a) dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti: “1 bis. Al fine del rilascio dell’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento il titolare dell’autorizzazione: a) non deve: 1) trovarsi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) o in corso di un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni; 2) trovarsi in pendenza di un procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 6 del d.lgs. 159/2011 o di una delle cause ostative previste dall’articolo 67 del d.lgs. 159/2011; l’esclusione e il divieto operano se la pendenza del procedimento riguarda il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; i soci o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico o il socio unico persona fisica, ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società; 3) essere oggetto di sentenza di condanna passata in giudicato, o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o dell’Unione europea che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 57, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE; l’esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; dei soci o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata; l’esclusione e il divieto in ogni caso non operano quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima; 4) aver commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio; 5) aver commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti; 6) aver commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti; b) non deve essere stato condannato con sentenza di condanna passata in giudicato, ovvero avere procedimenti penali in corso per reati di cui alle sezioni I, II e III del capo III del titolo XII (Dei delitti contro la persona) del Libro secondo del codice penale; c) non deve essere incorso in provvedimenti di cui all’articolo 13, comma 1, lettere b) e c) della l.r. 41/2003 nei due anni precedenti la richiesta di autorizzazione. 1 ter. Il responsabile e gli operatori della struttura non devono essere stati condannati con sentenza di condanna passata in giudicato, ovvero avere procedimenti penali in corso, per reati di cui al titolo IX (Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume) al capo IV del titolo XI (Dei delitti contro la famiglia) e al capo I e alle sezioni I, II e III del capo III del titolo XII (Dei delitti contro la persona) del Libro secondo del codice penale. Gli operatori devono altresì possedere idoneità psico-attitudinale per le mansioni da svolgere, attestata da idonea certificazione sanitaria.”. n) l’articolo 12 è sostituito dal seguente articolo: “Art. 12 (Vigilanza) 1. La funzione di vigilanza sulle strutture e sui servizi del sistema integrato è esercitata dai comuni, singoli o associati, competenti per territorio mediante almeno un’ispezione annuale senza preavviso, al fine di verificare i requisiti funzionali ed organizzativi degli stessi, il benessere degli utenti e l’attuazione dei piani personalizzati di assistenza. 2. Le aziende sanitarie locali svolgono funzioni di vigilanza e controllo sulle strutture e sui servizi presenti nel loro territorio in materia di sicurezza, igiene e sanità, per la salvaguardia della salute e del benessere degli utenti, nonché del personale addetto. 3. I comuni inviano annualmente alla Regione una relazione sull’attività di vigilanza effettuata.”. Art. 70
(Modifica alla l.r. 18/1994 e successive modifiche) 1. Nella l.r. 18/1994 e successive modifiche ovunque ricorra, la denominazione “Conferenza locale per la sanità”, istituita ai sensi dell’articolo 12 della medesima legge, è sostituita dalla seguente: “Conferenza locale sociale e sanitaria”. Art. 71
(Disposizione transitoria) 1. In fase di prima attuazione e fino all’adozione del piano sociale regionale la Giunta regionale, con propria deliberazione, sentita la commissione consiliare competente, stabilisce (9): a) i criteri di ripartizione fra i distretti socio-sanitari delle risorse finanziarie destinate all’attuazione del sistema integrato a livello locale; b) le linee guida per la formulazione e la verifica dei piani di zona e l’utilizzazione delle risorse di cui alla lettera a); c) l’eventuale quota di risorse finanziarie destinate alla realizzazione di progetti di interesse regionale. Art. 72 (Abrogazioni) 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono o restano abrogate: a) la legge regionale 9 settembre 1996, n. 38 (Riordino, programmazione e gestione degli interventi e dei servizi socio-assistenziali nel Lazio); b) l’articolo 17 della legge regionale 21 dicembre 1996, n. 59 (Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per l'anno finanziario 1996); c) l’articolo 37 della legge regionale 18 maggio 1998, n. 14 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio di previsione della Regione Lazio per l'esercizio finanziario 1998 “art. 28, legge regionale 11 aprile 1986, n. 17”); d) l’articolo 84 della legge regionale 10 maggio 2001, n. 10 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio della Regione Lazio per l'esercizio finanziario 2001.) e) l’articolo 1 della legge regionale 20 dicembre 2001, n. 40 (Modifiche alla L.R. 9 settembre 1996, n. 38 "Riordino, programmazione e gestione degli interventi e dei servizi socio-assistenziali nel Lazio" e L.R. 6 agosto 1999, n. 14 "Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo" e successive modifiche-disposizioni transitorie in materia di invalidi civili.) f) i commi 1, 2, 3 dell’articolo 40 della legge regionale 16 febbraio 2003, n. 2 (Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2003 “legge regionale 20 novembre 2001, n. 25, articolo 11”); g) l’articolo 8 della legge regionale 11 settembre 2003, n. 29 (Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per l'anno finanziario 2003); h) l’articolo 15 della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 41 (Norme in materia di autorizzazione all'apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali); i) il comma 2 dell’articolo 1 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 12 (Disposizioni collegate alla legge di assestamento del bilancio 2011-2013); j) il comma 81 dell’articolo 2 della legge regionale 14 luglio 2014, n. 7 (Misure finalizzate al miglioramento della funzionalità della Regione: Disposizioni di razionalizzazione e di semplificazione dell'ordinamento regionale nonché interventi per lo sviluppo e la competitività dei territori e a sostegno delle famiglie): k) i commi 1 e 2 dell’articolo 34 della legge regionale 16 aprile 2002, n. 8 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio finanziario 2002 “Legge regionale 20 novembre 2001, n. 25, articolo 11”); l) la legge regionale 15 novembre 1993, n. 64 (Norme per l’istituzione di centri antiviolenza o case rifugio per donne maltrattate nella Regione Lazio); m) gli articoli 11 e 12 della legge regionale 28 dicembre 2007, n. 26 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2008 “art.11, L.R.20 novembre 2001, n. 25”); n) l’articolo 51 della legge regionale 24 dicembre 2008, n. 31 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2009 “art. 11 legge regionale. 20 novembre 2001, n. 25”); o) la legge regionale 27 febbraio 2009, n. 2 (Istituzione del centro di accesso unico alla disabilità (CAUD). Modifica alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 41 (Norme in materia di autorizzazione all’apertura e al funzionamento di strutture che prestano servizi socio assistenziali); p) la legge regionale 6 aprile 2009, n. 7 (Modifica alla legge regionale 27 febbraio 2009, n. 2 < q) il comma 81 dell’articolo 2 della legge regionale 24 dicembre 2010, n. 9 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria regionale per l'esercizio 2011 “art. 12, comma 1, L.R. 20 novembre 2001, n. 25”); r) il regolamento regionale 18 gennaio 2005, n. 2 (Regolamento di attuazione dell’articolo 2 della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 41. Modalità e procedure per il rilascio dell’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento delle strutture che prestano servizi socio-assistenziali).
(01) Lettera modificata dall'articolo 13, comma 1, lettera a), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (1.1) Lettera modificata dall'articolo 22, comma 41, lettera a), della legge regionale 27 febbraio 2020, n. 1 (1.2) Articolo inserito dall'articolo 9, comma 21, lettera a), della legge regionale 23 novembre 2022, n. 19 (1a) Lettera aggiunta dall'articolo 70, comma 1, lettera a), della legge regionale 22 ottobre 2018, n. 7 (1b) Lettera aggiunta dall'articolo 70, comma 1, lettera b), della legge regionale 22 ottobre 2018, n. 7 (1b1) Comma modificato dall'articolo 16, comma 13, della legge regionale 20 maggio 2019, n. 8 (1c) Comma sostituito dall'articolo 21, comma 19, della legge regionale 28 dicembre 2018, n. 13 (1c.1) Comma sostituito dall'articolo 9, comma 21, lettera b), della legge regionale 23 novembrre 2022, n. 19 (1c.2) Comma inserito con la sostituzione del comma 8 ai sensi dell'articolo 9, comma 21, lettera b), della legge regionale 23 novembre 2022, n. 19 (1d) Vedi deliberazione della Giunta regionale 28 febbraio 2017, n. 88 "Servizi e interventi di assistenza alla persona nella Regione Lazio. Attuazione l.r. 11/2016. Modifiche alla deliberazione della Giunta regionale 3 maggio 2016, n. 223” (1d.1) Comma aggiunto dall'articolo 11, comma 1, della legge regionale 20 maggio 2019, n. 8; vedi al riguardo la deliberazione della Giunta regionale 8 giugno 2021, n. 341 pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 10 dicembre 2019, n. 99 (1d.2) Comma aggiunto dall'articolo 13, comma 1, lettera b), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (1d.3) Comma modificato dall'articolo 13, comma 1, lettera c), numero 1), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (1d.4) Comma modificato dall'articolo 13, comma 1, lettera c), numero 2), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (1d.5) Comma inserito dall'articolo 13, comma 1, lettera d), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (1d.6) Commi abrogati dall'articolo 12, comma 1, lettera a), della legge regionale 11 aprile 2024, n. 5 (1e) Vedi deliberazione della Giunta regionale 27 febbraio 2018, n. 130 "Modifiche alla DGR 24 marzo 2015, n. 124 "Requisiti per l'accreditamento delle strutture a ciclo residenziale e semi residenziale che prestano servizi socio-assistenziali nella Regione Lazio" (BUR 13 marzo 2018, n. 21) (1f) Articolo inserito dall'articolo 13, comma 1, lettera e), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (1g) Lettera inserita dall'articolo 13, comma 1, lettera f), numero 1), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (1h) Lettera modificata dall'articolo 13, comma 1, lettera f), numero 2), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (1i) Lettera modificata dall'articolo 13, comma 1, lettera f), numero 3), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (3a) Articolo sostituito dall'articolo 13, comma 1, lettera i), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (4) Vedi deliberazione della Giunta regionale del 17 ottobre 2017, n. 660 (BUR 2 novembre 2017, n. 88) e deliberazione della Giunta regionale 11 dicembre 2018, n. 792 (BUR 27 dicembre 2018, n. 104) (5) Vedi deliberazione della Giunta regionale 21 novembre 2017, n. 751 (BUR 5 dicembre 2017, n. 97) (5a) Comma aggiunto dall'articolo 14, comma 8, lettera a), della legge regionale 27 febbraio 2020, n. 1 (6) Vedi decisione della Giunta regionale 22 maggio 2018, n. 12 presentata in Consiglio come proposta di deliberazione 4 giugno 2018, n. 12 (6a) Comma aggiunto dall'articolo 14, comma 8, lettera b), della legge regionale 27 febbraio 2020, n. 1 (7) Vedi deliberazione consiliare del 24 gennaio 2019, n. 1 "Piano sociale regionale denominato "Prendersi cura un bene comune”" (BUR 21 febbraio 2019, n. 16) (7a) Lettera modificata dall'articolo 13, comma 1, lettera l), numero 1), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (8) Comma modificato dall'articolo 22, comma 41, lettera b), della legge regionale 27 febbraio 2020, n. 1 (8a) Lettera inserita dall'articolo 13, comma 1, lettera l), numero 2), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (8b) Comma modificato dall'articolo 13, comma 1, lettera m), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14 (9) Vedi deliberazione della Giunta regionale 9 ottobre 2018 n. 569 "Legge regionale 11/2016. Sistema integrato regionale di interventi e servizi sociali. Programmazione e finalizzazione della spesa per l’esercizio finanziario 2018 (BUR 23 ottobre 2018 n. 86); deliberazione della Giunta regionale 23 novembre 2018, n. 717 "Legge regionale 11/2016. Sistema integrato regionale di interventi e servizi sociali. Seconda fase di programmazione e finalizzazione della ulteriore spesa per l'esercizio finanziario 2018, e bilancio pluriennale anni 2019 e 2020. Integrazione e modifica Deliberazione della Giunta regionale n. 569 del 9 ottobre 2018 (BUR 11 dicembre 2018, n. 100); deliberazione della Giunta regionale 18 dicembre 2018, n. 832 "Modifica della deliberazione della Giunta regionale 23 novembre 2018, n. 717: "Legge regionale 11/2016. Sistema integrato regionale di interventi e servizi sociali. Seconda fase di programmazione e finalizzazione della ulteriore spesa per l'esercizio finanziario 2018 e bilancio pluriennale anni 2019 e 2020. Integrazione e modifica Deliberazione della Giunta regionale n. 569 del 9 ottobre 2018" (BUR 10 gennaio 2019, n. 4, s.o. n. 1) |
Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari. |