Cimice asiatica, i pericoli per le colture di nocciole nell'alto Lazio
Questo il tema dell'audizione di oggi in ottava commissione del Consiglio regionale, presieduta da Valentina Paterna.
16/10/2023 - In commissione ottava, Agricoltura, ambiente, del Consiglio regionale, presieduta da Valentina Paterna, all'ordine del giorno era oggi un'audizione sul tema: "Problematiche inerenti all'eccessiva presenza delle cimici asiatiche". E’ emerso che il parassita ha seguito ritmi riproduttivi velocissimi e mette al momento in pericolo le colture di nocciole dell’alto Lazio, in particolare la zona dei monti Cimini nella provincia di Viterbo.
Stefano Speranza, dell’Università degli Studi della Tuscia, ha detto che questa cimice, arrivata nel 2018 a partire dal nord Italia, è esplosa come sempre accade per un parassita che si trova a riprodursi in un ambiente nuovo. Ora è attaccato pesantemente il nocciolo. Una cimice che esce in primavera per colonizzare ed è molto rapida negli spostamenti anche perché si fa trasportare anche dai veicoli, ha proseguito Speranza. In inverno invece deve solo sopravvivere alle avverse condizioni meteo, quindi cerca riparo nelle abitazioni nei paraggi dei campi coltivati. I fattori climatici nei mesi scorsi hanno reso il problema molto più grave; ci sono dal 2020 delle iniziative di coordinamento con la Regione, ha detto il professore. Il problema è anche di tipo sanitario, naturalmente. Ma soprattutto i danni alle colture, in primis la nocciola, sono gravi.
Dopo il saluto del consigliere Daniele Sabatini, capogruppo di Fratelli d’Italia, i lavori sono proseguiti con il delegato della provincia di Viterbo, Nicolai, che si è detto disponibile verso tutte le iniziative che si deciderà di adottare. Per ascoltare la parte tecnica ha detto di essere intervenuto il sindaco del comune di Canepina, mentre il vicesindaco di Caprarola ha detto che il problema è essenzialmente economico e le soluzioni finora sperimentate non hanno funzionato. La consigliera Luz, del comune di Carbognano, ha ringraziato la commissione e gli intervenuti, mentre il sindaco di Fabrica di Roma, Claudio Ricci, ha chiesto di sperimentare metodi diversi da quelli adottati finora. Il sindaco di Vallerano, Adelio Gregori, ha detto anche lui di voler ascoltare proposte di soluzione, mentre l'assessore intervenuto in rappresentanza del comune di Vignanello ha ribadito le difficoltà degli agricoltori. A supporto di ciò, il rappresentante di Assofrutti, Pompeo Mascagna, ha parlato di 50/60 milioni di euro perduti per gli agricoltori.
Per Confagricoltura, il confronto con gli agricoltori del nord Italia suggerisce che la cosiddetta “vespa samurai” è l'unico rimedio per contenere la diffusione della cimice. Per Cia Lazio nord, però, l’insetto antagonista ha solo rallentato la propagazione della cimice; quindi ci si potrebbe trovare nella dolorosa necessità di dover scegliere quali colture salvare. Santinelli, per la cooperativa CPN, ha sottolineato comunque l'importanza del coordinamento che si è creato su questo tema. Ferrante, in rappresentanza del biodistretto della via Amerina e delle Forre, ha parlato di esperienze innovative nel mondo agricolo che potranno mettere in condizione di affrontare il problema, perché il dato dei cambiamenti climatici è ormai strutturale. La monocoltura è naturalmente più soggetta a questi rischi, ha aggiunto.
La dottoressa Bianchi del servizio fitosanitario regionale ha detto anzitutto che l'utilizzo della vespa samurai prevede, dal momento che si tratta di una specie non autoctona, una richiesta di autorizzazione da parte del Ministero dell'ambiente, richiesta che può essere inoltrata solo al termine di uno studio ad hoc. Ovviamente il tutto presuppone una messa a disposizione di fondi adeguati per uno sforzo economico che deve essere almeno triennale, per poter dare dei risultati, altrimenti si rischia che sia stato tutto inutile. Comunque l'omogeneità del territorio, ha concluso la dottoressa, facilita il buon esito della campagna. La competenza in materia è del servizio fitosanitario e non dell’Arsial, ha tenuto a ribadire la funzionaria in risposta a un quesito posto in merito.
Le tempistiche per la vespa samurai sono anche più lunghe, ha detto in una breve replica il professor Speranza, nell'ordine dei cinque o sei anni, quindi non ci si può concentrare su una azione singola, a suo avviso, ma bisogna portarne avanti più di una in contemporanea. Le zone di rilascio devono inoltre essere esenti da trattamenti insetticidi che andrebbero a danneggiare l'insetto antagonista per primo.
La presidente Paterna ha quindi dichiarato conclusi i lavori di oggi, cui hanno presenziato anche i consiglieri Michele Nicolai di Fratelli d’Italia e Salvatore La Penna del Pd.
A cura dell'Ufficio stampa del Consiglio Regionale del Lazio