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IX - Lavoro, pari opportunità, politiche giovanili e politiche sociali


Uranio impoverito, ritardi inaccettabili nell'erogazione delle pensioni

30/09/08 - “In questo momento, mentre si sta svolgendo questa audizione, si sta celebrando il funerale della centosessantanovesima vittima, una crocerossina”. Così Domenico Leggiero, responsabile del comparto difesa dell’ Osservatorio militare all’audizione in Commissione lavoro, pari opportunità, politiche giovanili e politiche sociali, che si è svolta stamani alla Pisana sui danni provocati dall’uranio impoverito alla salute di numerosi militari tornati da missioni nei Balcani. Leggiero ha presentato il quadro della situazione alla commissione presieduta da Peppe Mariani (Verdi), nonché le difficoltà che incontrano le famiglie dei militari colpiti per ottenere il riconoscimento della causa di servizio e degli indennizzi da parte dello Stato. Da anni si batte per loro l’Osservatorio militare, un comitato di studio, ricerca e individuazione delle possibili soluzioni alle problematiche afferenti alla tutela e al riconoscimento dei diritti del personale delle forze armate e delle forze di polizia.

Sessantamila in tutto i militari che si sono alternati negli anni nei teatri d’operazioni contaminati (l’uranio impoverito è stato impiegato anche in Iraq), aborti aumentati del 300 per cento tra il personale di ritorno dalle missioni, malformazioni nei neonati riscontrate soprattutto in Iraq,  “due commissioni parlamentari d’inchiesta che non sono mai approdate a nulla e alle quali la Difesa non ha mai fornito i numeri ufficiali del numero dei malati e dei deceduti – ha riferito Leggiero – gli unici dati sono quelli dell’Osservatorio: siamo a 169 decessi e 2540 casi di malattia”.

“Alla fine degli anni Novanta,  i nostri militari sono stati inviati nei Balcani con questa nuova funzione di polizia internazionale – ha spiegato Leggiero alla Commissione- Come Osservatorio nasciamo per monitorare quello che accadeva nei teatri operativi e le ripercussioni sulla nostra forza armata. Subito notammo che gli stranieri erano informati e addestrati decisamente in modo diverso dal nostro. Inoltre, fummo immediatamente attratti dall’incremento esponenziale di militari che si ammalavano. L’unica differenza che c’era in quel momento era l’uso di materiali bellici diversi, vale a dire proiettili contenenti uranio impoverito. Si tratta del residuo dell’uranio naturale utilizzato per la produzione di energia nelle centrali atomiche, utilizzato per il munizionamento. Quando colpiscono l’obbiettivo, i proiettili all’uranio impoverito, anziché frantumarsi come avviene per i proiettili convenzionali, raggiungono la temperatura di 3500 gradi che porta a sviluppare micro particelle talmente piccole che superano i filtri biologici e vengono assimilate attraverso i cibi o la normale respirazione”.

“Cosa si fa per questi ragazzi? – ha proseguito Leggiero -  Faccio un esempio di Roma. Sono stato autorizzato a fare il nome: Giovanni Stagni, un ragazzo di 23 anni che ha subito un intervento al fegato, ha una neoplasia, è senza il colon, la sua vita è completamente cambiata e non si sa quanto durerà. Gli è stata riconosciuta la causa di servizio e hanno deciso il giusto prezzo per questo ragazzo: 220 euro di pensione mensile. Non è più autonomo, ha bisogno di una macchina, i genitori hanno dovuto vendere la casa per poter aiutare il figlio”.

 “Queste famiglie non fanno confusione, non alzano la voce, ma non riescono a vivere - ha detto Vladimiro Rinaldi (Lista Storace), vicepresidente della Commissione che ha voluto l'audizione di oggi - Non vorrebbero neppure farsi aiutare. I loro malati o i morti non sono mercenari ma militari dell’esercito. Voglio fare questa battaglia per le famiglie, perché lavoro sempre nel sociale, la politica è molto relativa. Che cosa fare per queste famiglie che sono nella miseria più nera? ”.

Nel corso dell’audizione sono state fatte alcune ipotesi d’intervento per le famiglie dei militari residenti nel Lazio. “Oltre all’attivazione di un numero verde ad hoc, - ha detto Mariani – la Regione Lazio potrebbe intervenire attraverso gli istituti epidemiologici del servizio sanitario regionale e l’Asp, ma soprattutto supportare le famiglie nelle pratiche per ottenere le pensioni. Come è emerso nel corso dell’audizione, ci vogliono anche dieci anni per ottenere il riconoscimento di una pensione d’invalidità. E’ una situazione che grida vendetta”.



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