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Morti sul lavoro: Consiglio Lazio per rafforzare sicurezza Milana: "si può e si deve fare di più". fascia nera al braccio e gonfalone listato a lutto


12/12/07 - Guido Milana, Presidente del Consiglio Regionale del Lazio, ha aperto la seduta odierna intervenendo sui troppi morti nei luoghi di lavoro, proprio poco dopo che giungeva la notizia dell’ennesima vittima questa mattina, a Milano.

Un altro operaio caduto, un altro operaio morto. Il Presidente dell’Assemblea ha chiamato i consiglieri ad osservare un minuto di silenzio pronunciando parole inequivocabili su quanto la Regione può e deve fare per contrastare questo fenomeno delle cosiddette ‘morti bianche’.

Il Presidente e diversi consiglieri portavano la fascia nera, a lutto, sul braccio e anche il Gonfalone della Regione Lazio, che è alle spalle del Presidente, era listato a lutto. “Anche oggi il Consiglio apre utilizzando il silenzio come forma di partecipazione al dolore delle famiglie che hanno perso i loro cari per incidenti sul lavoro. Ci troviamo ancora una volta uniti, maggioranza e opposizione, per denunciare l’assurdità di un’esistenza sacrificata allo svolgimento di un compito che dovrebbe essere fonte di vita. Antimo Del Giudice, 33 anni, a Napoli; Giuseppe Mastrullo, 48 anni, ad Avellino; Antonio Schiavone, 36 anni, Roberto Scola, 34 anni, Angelo Laurino, 43 anni, Bruno Santino, 26 della ThyssenKrupp di Torino; Paolino Scaccia, 58 anni di Frosinone; Franco Furno, 50 anni, di Benevento; Sam Diop, 29 anni di Trento; Harold Forsyte, 26 anni, travolto sui binari della ferrovia della nostra città; Marco Batoli, 27 anni di Varese.

Antonio, un operaio di 57 anni che questa mattina ha perso vita in un cantiere di Milano, di cui le agenzie ancora non hanno battuto il cognome. E’ il pesante bilancio che il mondo del lavoro ci presenta questa settimana”. Ha esordito così Milana, per poi affermare: “Io penso che dovremmo andare oltre. Penso che ci sia la necessità di riflettere in maniera straordinaria su un fenomeno che ogni volta sembra sorprenderci, ma che, inesorabilmente, dopo qualche giorno finisce per essere considerato nell’ambito della casualità o, peggio ancora, della normalità.

Io credo, davvero, che dovremmo avere il coraggio di rimettere in discussione alcune nostre convinzioni e magari interrogarci su questioni importanti. Pensare ad esempio, che se i salari nelle fabbriche italiane sono troppo bassi, portano i lavoratori ad accettare orari estenuanti alla ricerca di straordinari superando spesso la soglia della attenzione sulla sicurezza. Ho anche qualche dubbio sull’assecondare i contenuti di certe norme e di taluni contratti, che propongono l’allungamento dei turni come metodo per incrementare la produttività.

Occorre prendere atto –ha detto ancora Milana - che lo sfruttamento del lavoro irregolare intacca gli standard di reddito e di sicurezza e punisce inesorabilmente anche coloro che operano nella legalità. Io penso che noi dobbiamo contribuire a rompere questo meccanismo perverso e riaffermare la normalità del lavoro. Quel lavoro che è la cellula fondamentale di ogni sistema civile di convivenza sociale, fonte primaria di equilibrio e benessere di ciascun individuo, risorsa indispensabile per la sopravvivenza ed il progresso del genere umano, ma, soprattutto, attività attraverso la quale realizzare le proprie aspirazioni che non dovrebbe mai essere occasione di morte.

Il Capo dello Stato, il Santo Padre hanno riproposto con forza il valore della vita e la dignità del lavoro, richiamando le coscienze ad operare in questa direzione. Noi abbiamo la responsabilità per la funzione pubblica che rivestiamo, di non essere semplicemente d’accordo ma di operare con atti formali per rispondere a questi autorevoli appelli. Le leggi ci sono, ma forse non bastano. I controlli ci sono, ma forse non bastano. Le pene ci sono, ma forse non bastano”.

Il Presidente del Consiglio Regionale ha poi indicato alcuni percorsi da seguire per arginare questa vera e propria mattanza: “Ciascuno deve fare la propria parte, ad ogni livello. Noi siamo il Consiglio Regionale e, anche se la materia non ci appartiene direttamente, possiamo muovere una iniziativa legislativa che conduca, ad esempio, alla facoltà di interrompere gli appalti pubblici, anche contrattualizzati, alle aziende che non rispettano le regole sulla sicurezza.

Ma anche, intervenire per garantire ai lavoratori che trovano il coraggio di denunciare le situazioni di grande pericolo sui luoghi di lavoro un sistema di tutela pari a coloro che denunciano gli usurai o i mafiosi. E’ l’assenza di lavoro, infatti, la principale condizione di ricatto. Nulla cambierà sino a quando lo squilibrio tra domanda ed offerta, tra buone e cattive condizioni di impiego, tra certezze e precarietà, resterà così grande”. 310/Ntr/ac/12 dicembre 2007

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