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Carceri; a frosinone potenziare l'assistenza sanitaria


18/07/06 - 450 detenuti, 90 dei quali in regime di Alta Sicurezza, vale a dire che si tratta di persone che hanno commesso delitti gravi o hanno avuto un ruolo nello spaccio internazionale di stupefacenti. Numeri che dimostrano che anche nel carcere di Frosinone si presenta il fenomeno del sovraffollamento, anche se contenuto rispetto ad altri istituti penitenziari. Numeri che fanno capire che la gestione di una casa circondariale è cosa complessa, specialmente quando si ha a che fare con emergenze di tipo sanitario. “Numeri che la politica deve tenere bene a mente, proprio perché i detenuti non sono numeri”, commenta Luisa Laurelli, (Ds), presidente della commissione Sicurezza e Lotta alla criminalità, in visita oggi al carcere di Frosinone.
Le malattie più diffuse sono quelle infettive e oncologiche e talvolta i detenuti devono essere accompagnati negli ospedali o in altre strutture sanitarie della Asl di Frosinone. Il carcere soffre anche per insufficienza di finanziamenti: non sempre può, ad esempio, acquistare farmaci di fascia ‘C’ (quelli a totale carico del cittadino) e distribuirli ai detenuti che ne hanno bisogno, mentre alla popolazione carceraria che ha problemi di tossicodipendenza la direzione del carcere è riuscita a garantire condizioni minime di assistenza, nonostante difficoltà connesse alla convenzione con il SERT, il Servizio per il recupero delle tossicodipendenze.
Nella visita al carcere di Frosinone, Luisa Laurelli era accompagnata da Donato Robilotta, socialista riformista; da Francesco De Angelis, (Ds), assessore alla Piccola e media impresa della Regione Lazio; da Wanda Ciaraldi, capogruppo dell’Udeur. Era presente Vincenzo Boncoraglio, direttore del Dipartimento Sicurezza della Regione Lazio, il quale si è impegnato a sostenere progetti volti a incrementare le iniziative di socializzazione dei detenuti e il completamento del campo sportivo del carcere.
La tappa al carcere di Frosinone è la quinta della commissione: le altre erano state a Velletri, Viterbo, Rieti e Civitavecchia. Ma nella provincia di Frosinone saranno visitate anche le carceri di Paliano e di Cassino, al più presto, a partire dal mese di settembre.
Nel carcere di Frosinone, la delegazione della Regione era accompagnata da Annamaria Trapazzo, Vice direttrice della struttura e direttrice del carcere di Paliano, e dal comandante della polizia penitenziaria Alberto Cesari. Annamaria Trapazzo ha spiegato che “il rapporto con l’ufficio del Garante dei diritti dei detenuti è continuativo e il Garante è figura di riferimento non solo per i detenuti, ma anche per gli operatori”. Per quanto riguarda le condizioni generali della struttura, la dirigente ha detto che “molti problemi si risolvono con la collaborazione istituzionale e creando un clima di dialogo con i detenuti, mentre purtroppo carenti sono le risorse finanziarie a disposizione. Nonostante questo, alcune attività a favore dei detenuti sono in atto, specialmente per la loro formazione e per la socializzazione, grazie alla presenza attiva del Comune di Frosinone e della Parrocchia”. Più critica invece è la situazione a Paliano, dove, nonostante il basso numero di detenuti, una cinquantina, persistono sia problemi strutturali, sia problemi di gestione: in quel carcere, infatti, sono ospitati in massima parte detenuti in regime di articolo 416 del codice penale sull’associazione di tipo mafioso e collaboratori di giustizia, i cosiddetti ‘pentiti’, dissociatisi dall’appartenenza a organizzazioni criminali mafiose o ad esse connesse. Non ci sono detenuti in regime di 41bis dell’ordinamento penitenziario, più noto con la definizione di ‘carcere duro’.
“Noi abbiamo impostato un percorso e lo stiamo attuando –spiega Luisa Laurelli – per mettere in atto nelle carceri tutto ciò che rientra nelle competenze regionali, dalla sanità all’assistenza, ma anche per sollecitare gli interventi necessari da parte dell’amministrazione penitenziaria per rendere più decente la vita dei detenuti. Ovunque siamo andati, abbiamo trovato situazioni critiche in quanto ad ambienti, a sovraffollamento, a condizioni igieniche e sanitarie. La mozione approvata dal Consiglio Regionale sull’amnistia diventa, anche rispetto a queste condizioni, una risposta, anche se non è la soluzione. L’amnistia riguarda reati minori, in una situazione carceraria nella quale un terzo dei detenuti è in attesa di giudizio. Il sovraffollamento non è solo un dato strutturale, ma è una conseguenza del mal funzionamento e del lento funzionamento della giustizia”.
160/Ntr/ac/18luglio2006

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