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Consiglio a lutto per le morti sul lavoro: l'intervento del presidente Milana


12/12/07 - Guido Milana, presidente del Consiglio Regionale del Lazio, ha aperto la seduta del 12 dicembre con fascia nera al braccio e gonfalone listato a lutto, intervenendo sui troppi morti nei luoghi di lavoro, proprio poco dopo che giungeva la notizia dell’ennesima vittima, a Milano: un operaio di 57 anni caduto da un ponteggio.

Il Presidente ha chiamato i consiglieri ad osservare un minuto di silenzio. “Anche oggi - ha spiegato - il Consiglio inizia utilizzando il silenzio come forma di partecipazione al dolore delle famiglie che hanno perso i loro cari per incidenti sul lavoro. Ci troviamo ancora una volta uniti, maggioranza e opposizione, per denunciare l’assurdità di un’esistenza sacrificata allo svolgimento di un compito che dovrebbe essere fonte di vita.

Penso che ci sia la necessità di riflettere in maniera straordinaria su un fenomeno che ogni volta sembra sorprenderci, ma che, inesorabilmente, dopo qualche giorno finisce per essere considerato nell’ambito della casualità o, peggio ancora, della normalità. Occorre inoltre prendere atto che lo sfruttamento del lavoro irregolare intacca gli standard di reddito e di sicurezza e punisce inesorabilmente anche coloro che operano nella legalità.

Penso che noi dobbiamo contribuire a rompere questo meccanismo perverso e riaffermare la normalità del lavoro”. Il Presidente Milana ha poi indicato alcuni percorsi da seguire per arginare questa vera e propria mattanza: “Ciascuno deve fare la propria parte, ad ogni livello.

Noi siamo il Consiglio regionale e, anche se la materia non ci appartiene direttamente, possiamo muovere una iniziativa legislativa che conduca, ad esempio, alla facoltà di interrompere gli appalti pubblici, anche contrattualizzati, alle aziende che non rispettano le regole sulla sicurezza. Ma anche, intervenire per garantire ai lavoratori che trovano il coraggio di denunciare le situazioni di grande pericolo sui luoghi di lavoro un sistema di tutela pari a coloro che denunciano gli usurai o i mafiosi. E’ l’assenza di lavoro, infatti, la principale condizione di ricatto”.

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