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Perequazione dipendenti, approvata la mozione Milana



25/09/08 - Con una mozione, presentata dal Presidente del Consiglio Regionale del Lazio Guido Milana, si è chiusa in tarda serata la vicenda della perequazione dei dipendenti regionali, che si trascinava da tempo. La mozione è stata votata dalla maggioranza con l’astensione dell’opposizione.

“Il Consiglio regionale impegna la Giunta e l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea nelle more dell’avvio delle procedure concorsuali, ad attivarsi nell’ambito delle rispettive competenze in materia di organizzazione degli uffici (art.53 dello Statuto), anche attraverso le opportune modifiche ai Regolamenti di organizzazione, affinché i sopra citati dipendenti siano formalmente adibiti alle mansioni superiori in considerazione delle funzioni da essi precedentemente esercitate”. Questo è il dispositivo della mozione attraverso il quale sarà possibile affidare incarichi dirigenziali per sei mesi prorogabili fino a dodici, procedura che potrà essere messa in atto anche per i funzionari, in attesa dell’avvio delle procedure concorsuali per la copertura dei posti vacanti.

In estrema sintesi, è questa la soluzione che si è trovata per chiudere la storia della perequazione, che trova origine nel lontano 1996, quando fu approvata la legge 25 che demandava a un Regolamento il superamento di alcune situazioni di sperequazione tra dipendenti, determinate da precedenti provvedimenti. Regolamento che fu emanato il 10 maggio 2002 dalla Giunta, ma che non fu mai portato all’esame del Consiglio. Proprio su questo mancato passaggio in Consiglio, si è pronunciato negativamente il TAR Lazio l’11 aprile scorso e successivamente il Consiglio di Stato. Nella seduta del Consiglio Regionale del 5 agosto 2008 fu approvata una risoluzione che impegnava il Presidente del Consiglio a convocare una seduta straordinaria, previa acquisizione di un parere pro veritate di due esperti giuristi, per definire la condizione del personale perequato. Queste procedure sono state tutte espletate.

Alla seduta di oggi si è giunti con la presentazione di una proposta di legge unificata di due proposte di legge firmate dai consiglieri Donato Robilotta (Socialisti riformisti per il PdL) e Rodolfo Gigli (UdC) e con la mozione presentata da Milana. Diversi consiglieri dell’opposizione (Rodolfo Gigli, Donato Robilotta, Vincenzo Saraceni, Massimiliano Maselli, Antonio Cicchetti, Francesco Saponaro) sono intervenuti per sostenere la soluzione legislativa, ma il Presidente Milana, intervenendo come semplice consigliere dai banchi dell’emiciclo, ha invece sostenuto la soluzione prospettata dalla mozione insistendo molto sui principi di legalità e di trasparenza. Concetti ripresi dal capogruppo del Pd Giuseppe Parroncini e dal capogruppo dei Verdi Enrico Fontana, oltre che da Wanda Ciaraldi. In apertura dei lavori, era intervenuto l’Assessore al Personale Marco Di Stefano, che aveva ricostruito, passaggio dopo passaggio, l’intera storia della perequazione, pronunciandosi favorevolmente sulla mozione Milana.

La legge Robilotta-Gigli non è stata posta in votazione, dichiarata decaduta, perché i due articoli di cui si componeva sono stati ambedue respinti.

Al termine della seduta il Presidente Milana ha replicato “per fatto personale” ad alcune affermazioni di alcuni consiglieri durante il dibattito dichiarando di “non meritarle”.

Di seguito il testo della Mozione approvata:

Ai sensi dell'articolo 30, comma 2, dello Statuto
e degli articoli 91 e 93 del Regolamento dei lavori


Oggetto: iniziative in favore del personale regionale beneficiario delle disposizioni di cui al regolamento regionale 10 maggio 2001, n. 2.

Premesso

- che la legge regionale 1 luglio 1996, n. 25, recante "norme sulla dirigenza e sull'organizzazione regionale" stabiliva, all'art. 22, comma 8, che, "al fine di superare le situazioni di sperequazione determinatesi nei confronti del personale", si sarebbe provveduto "con successivo provvedimento";
- che, la Giunta regionale, in attuazione del predetto articolo e nel corso della precedente legislatura, ha approvato il regolamento regionale 10 maggio 2001, n. 2, il quale disponeva che il personale destinatario dell'art. 22, comma 8, della predetta legge, in servizio alla data di pubblicazione del regolamento, potesse richiedere la revisione del proprio inquadramento sulla base di determinati criteri stabiliti dalla legge regionale 25 marzo 1988, n.15;
- che, con successivi decreti del Presidente della Giunta regionale n. 379/2001 e 489/2001 è stato costituito un apposito Gruppo di lavoro con l'incarico di svolgere l'istruttoria del procedimento di perequazione e di procedere alla verifica delle domande prodotte dai dipendenti, all'esame dei fascicoli personali e alla verifica del possesso dei titoli e, infine, alla attribuzione del relativo punteggio a ciascun dipendente avente diritto;
- che, al termine dell'istruttoria svolta dal richiamato Gruppo di lavoro, sono state adottate le direttive regionali in ordine ai nuovi inquadramenti del personale, tra cui quelle di inquadramento nella qualifica dirigenziale di 475 dipendenti regionali;
- che, a seguito di ricorsi presentati da vari soggetti interessati, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sez. I ter, con la sentenza n. 3108 dell'11 aprile 2008, ha provveduto ad annullare il richiamato Regolamento regionale n. 2 del 2001 e le determinazioni dirigenziali che avevano disposto l'inquadramento nella qualifica dirigenziale dei predetti dipendenti, nonché tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
- che il TAR Lazio ha giudicato illegittimo il regolamento regionale di Giunta in quanto emanato da un lato, in violazione della riserva di legge di cui all'art. 49 dello Statuto allora vigente (approvato con legge 22 maggio 1971, n. 346) e dall'altro, in violazione della riserva di competenza regolamentare del Consiglio di cui all'art. 6 del previgente Statuto;
- che nei confronti della predetta sentenza del TAR Lazio è stato proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato il quale, con l'ordinanza n. 3926 del 2008, si è pronunciato, in via cautelare, negando la sospensiva richiesta dagli appellanti, in quanto, oltre a non sussistere l'attualità del prospettato pericolo di pregiudizio, non poteva ravvisarsi l'apparente fondatezza giuridica dell'appello;
- che il Consiglio regionale, in data 5 agosto 2008, ha approvato la mozione n. 344 con la quale ha impegnato il Presidente del Consiglio a convocare un Consiglio straordinario, previa acquisizione di un parere pro veritate di due esperti giuristi, per definire la condizione del personale "perequato";


Considerato

- che l'intervenuto annullamento del sopra citato Regolamento (e dei successivi atti adottati nel corso della passata legislatura) rappresenta oggi un vulnus per l'organizzazione regionale in quanto l'esecuzione della sentenza, a cui oggi l'Amministrazione regionale è tenuta ad uniformarsi, renderebbe vacanti numerosi incarichi dirigenziali, nonché la perdita della professionalità acquisita, con il conseguente rischio di incidere negativamente sul regolare svolgimento dell'attività amministrativa;
- che il personale regionale che ha beneficiato della cosiddetta "perequazione", in esecuzione della predetta sentenza del TAR Lazio, si verrebbe a trovare in una situazione di grave nocumento dal punto di vista professionale, economico e sociale;
- che il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche", all'art. 52, consente di adibire il dipendente "per obiettive esigenze di servizio ... a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore: a) nel caso di vacanza di posto in organico per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state attivate le procedure per la copertura dei posti vacanti ...";
- che la legge regionale 18 febbraio 2002, n. 6, recante "Disciplina del sistema organizzativo della Giunta e del Consiglio e disposizioni relative alla dirigenza ed al personale regionale", all'art. 6, demanda ai regolamenti di organizzazione di Giunta e di Consiglio "gli ambiti di svolgimento delle mansioni ordinarie del personale regionale e l'eventuale svolgimento di quelle superiori";
- che i Regolamenti di organizzazione di Giunta e di Consiglio, rispettivamente, agli art. 283 e 234, stabiliscono che "per obiettive esigenze di servizio, il dipendente può essere adibito a mansioni proprie della categoria immediatamente superiore ... nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura del posto vacante, anche mediante le selezioni interne; tali procedure devono essere avviate entro novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni.";


Ritenuto
- pertanto, che in attesa dell'avvio delle procedure concorsuali per la copertura dei posti vacanti, il personale ricollocato in categoria D a seguito dell'annullamento dei relativi atti di inquadramento nella qualifica dirigenziale, possa essere utilmente adibito alle mansioni superiori in modo da preservare il buon andamento dell'amministrazione stessa;


il Consiglio regionale impegna
la Giunta regionale e l'Ufficio di Presidenza


nelle more dell'avvio delle procedure concorsuali, ad attivarsi nell'ambito delle rispettive competenze in materia di organizzazione degli uffici (art. 53 Statuto), anche attraverso le opportune modifiche ai Regolamenti di organizzazione, affinché i sopra citati dipendenti siano formalmente adibiti alle mansioni superiori in considerazione delle funzioni da essi precedentemente esercitate.

Roma, 25 settembre 2008
Guido Milana


 

A cura dell'Ufficio stampa del Consiglio Regionale del Lazio
Info: 800 01 22 83
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