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Definizione per: Conflitti di attribuzione tra Stato e regioni



  • Conflitti di attribuzione tra Stato e regioni
  • Cost.,  art. 134;
    Stat., art. 41, co. 4
    l. 87/1953, artt. 39 e 40


    E’ possibile proporre ricorso per conflitto di attribuzione (vindicatio potestatis), qualora la Regione invada con un suo atto la sfera di competenza assegnata dalla Costituzione allo Stato o ad altra regione o, viceversa, qualora sia lo Stato ad invadere la sfera di competenza costituzionale di una Regione. Nel Trentino Alto Adige, legittimate a ricorrere avverso un atto dello Stato sono anche le Province autonome di Trento e Bolzano.

    Il ricorso deve essere presentato alla Corte costituzionale, entro 60 giorni dalla notificazione o dalla pubblicazione o dell’avvenuta conoscenza dell’atto, dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro da lui delegato, se a ricorrere è lo Stato, e dal Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, se, invece, la ricorrente è la Regione. Il Presidente della Regione, per espressa disposizione statutaria, può agire anche su proposta del Consiglio delle autonomie locali. Nel corso del giudizio e  qualora ricorrano gravi ragioni, è riconosciuta all’ente ricorrente la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato. La Corte Costituzionale decide sul ricorso individuando l’ente competente e, ove sia stato emanato un atto viziato, lo annulla. Alla sentenza di annullamento è riconosciuta efficacia circoscritta al caso deciso.

    Per aversi conflitto di attribuzione tra Stato e regione, la lesione della sfera di competenza non può derivare da una legge o da un atto avente forza di legge, poiché, nel qual caso, si ricadrebbe nell’ipotesi di una controversia di legittimità costituzionale ex articolo 127 della Costituzione, ma da un atto avente natura non legislativa, che per la Regione potrà essere ad esempio un regolamento interno o un regolamento regionale; con riferimento a quest’ultima tipologia, si ricorda che deve considerarsi esclusa la possibilità di ricorrere avverso un  regolamento “meramente esecutivo”di una legge regionale, in quanto in caso di annullamento dello stesso verrebbe travolta anche la legge a cui dà attuazione, che, invece, può subire tale sorte solo a seguito della già citata impugnativa ex art. 127 della Costituzione.

    Un ulteriore modello di conflitto rispetto a quello costituzionalmente previsto è stato plasmato dalla giurisprudenza, che ha riconosciuto la legittimazione a ricorrere  non solo in caso di “invasione”, ma anche in caso di “menomazione” di una propria competenza a seguito di un comportamento commissivo od omissivo. La Corte costituzionale ha precisato che l’omissione deve avere ad oggetto un atto dovuto che comporti l’insorgenza di un danno attuale e concreto alla sfera di competenza del ricorrente o una seria minaccia alla stessa.

    Dalle argomentazioni da ultimo riportate, si desume che non solo un atto, ma anche “un comportamento significante” è idoneo a determinare il conflitto, e che se un’ omissione può legittimare la proposizione di un ricorso, si deve ritenere legittimo un ricorso per conflitto di attribuzione avente ad oggetto anche atti non definitivi, preparatori o atti interni, quali circolari o addirittura un telegramma, sempre che gli stessi naturalmente contengano una evidente manifestazione di volontà circa l’affermazione di una propria competenza ad esercitare un certo potere.
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