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IX - Lavoro, pari opportunità, politiche giovanili e politiche sociali


Consultori, tre ordini professionali dicono no alla PL Tarzia

19/11/10 - Psicologi, assistenti sociali, medici e odontoiatri: tre ordini professionali dicono no alla proposta di legge regionale di riforma dei consultori familiari della consigliera Olimpia Tarzia (Lista Polverini). Le leggi ci sono e vanno bene, basterebbe attuarle in pieno, soprattutto attraverso il conferimento di maggiori risorse alla rete dei consultori. Queste, in sintesi, le osservazioni delle categorie professionali, contenute in un documento sottoscritto dalla presidente dell'ordine degli psicologi del Lazio, Marialori Zaccaria, dal presidente dell'ordine provinciale di Roma dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Mario Falconi, e dalla presidente dell'ordine degli assistenti sociali del Lazio, Giovanna Sammarco. I tre ordini, ascoltati ieri dalla Commissione lavoro e politiche sociali, presieduta da Maurizio Perazzolo (Lista Polverini), "non comprendendo né da quale considerazione l'iniziativa legislativa tragga la sua origine né gli effettivi obiettivi di cambiamento che essa si pone né infine se la proposta vada ad aumentare il fondo regionale o a diminuirlo", esprimono "la loro contrarietà alla proposta n. 21".

Le attuali carenze di personale e strutture

Tale contrarietà alla proposta di legge Tarzia viene motivata partendo da una serie di dati di Laziosanità, l'Agenzia di Sanità Pubblica, che danno conto dell'attuale situazione: a settembre 2010 e riferiti al periodo settembre-dicembre 2009, su 160 consultori familiari attivi (0,58 ogni 20.000 abitanti, per legge dovrebbero essercene almeno uno ogni 20 mila abitanti) sono inseriti 171 psicologi e 146 assistenti sociali, evidenziando la cronica "carenza di assistenti sociali e di equipe multidisciplinari complete (solo il 34% dei consultori familiari ne ha una) comporta che solo il 52% dei consultori rispetti i requisiti minimi di apertura". Gli ordini in questione ammettono che i consultori laziali non offrono all'utenza un servizio ineccepibile, ma le carenze devono essere ricondotte soprattutto a una perenne mancanza di risorse economiche, umane e strutturali.

Norme buone ma mai applicate in pieno

Gli ordini notano che la proposta in discussione "prescrive, all'articolo 29, che l'impianto normativo attuale debba essere smantellato. Ma come è possibile sostenere tale posizione se la legge n. 405/1975, la legge regionale n. 15/1976, la Legge n. 34/1996 e il Decreto ministeriale di adozione del Progetto Obiettivo Materno Infantile del 24/4/2000 non hanno ancora trovato una effettiva e completa applicazione?" si domandano. "Sarebbe come osservare un edificio che sappiamo essere in costruzione - e sappiamo essere basato su un ottimo progetto - e decidere di demolirlo completamente, solo perché non ancora ultimato. Basti pensare che, mentre la Legge n. 34/1996 prevede la presenza di una struttura consultoriale ogni 20.000 abitanti - e dunque i 5,5 milioni abitanti della regione dovrebbero essere coperti da 278 consultori - ad oggi, solo 161 risultano essere attivi. Il quadro è ulteriormente aggravato dal fatto che ben 84 dei 161 aperti non riescono a soddisfare i requisiti minimi di apertura (quattro mattine e due pomeriggi), ben 120 prevedono tempi di attesa superiori alla settimana, solo 50 consultori possono vantare nel proprio organico un assistente sociale e solo 3 un mediatore culturale, per di più attivo meno di 7 ore a settimana. All'edificio mancano ancora porte, finestre, pavimenti, intonaco, eppure la proposta di legge n. 21 sostiene che sia meglio buttarlo giù piuttosto che completarlo. Abbattere, perdendo tutto ciò che di buono si è costruito in questi lunghi anni, per ricostruire su nuove basi".

Nel merito della proposta di legge n. 21

"Ma quali sono queste nuove basi? - si domandano i presidenti degli ordini - Quali sono, in altre parole i contenuti innovativi della proposta di legge?". Nella relazione di presentazione della PL 21 si parla di ridefinizione del ruolo dei consultori. "Nei fatti, però, - notano gli Ordini - il testo non propone alcuna ridefinizione degli obiettivi che i consultori devono perseguire. Nella relazione introduttiva si legge, infatti, che i consultori devono aspirare ad essere «istituzioni vocate a sostenere e promuovere la famiglia». Nulla di nuovo, visto che già la legge regionale n.15/1976 si pone la finalità di promuovere «la realizzazione della vita familiare». Né il progetto di legge prevede novità sostanziali per quanto concerne l'organizzazione delle strutture consultoriali".

Il ruolo dei privati

Gli ordini affrontano anche la previsione sui consultori privati. "La possibilità offerta ai privati di istituire consultori familiari -si legge nel documento - prevista dall'articolo 3 della proposta n. 21, ad esempio, era già contemplata dall'articolo 12 della legge regionale n. 15/1976, oltre che dall'articolo 2 della Legge n. 405/1975. Non sono previste misure economiche aggiuntive, anzi il dettato dell'articolo 24 della proposta n. 21 prevede uno smembramento del Fondo regionale previsto dall'articolo 15 della Legge regionale n. 15/1976 in tre diversi fondi di una non meglio precisata entità. Inoltre, verrebbe eliminata la possibilità per Regione ed Enti locali di stanziare risorse integrative".

Nuove figure professionali di incerta definizione

"Non sono previsti ampliamenti funzionali dell'organico, anzi,- prosegue il documento - laddove la crescente multietnicità della realtà territoriale suggerirebbe di incrementare il risibile numero di mediatori culturali e linguistici attualmente presenti all'interno delle strutture consultoriali, la proposta di legge prevede l'inserimento di figure professionali di incerta definizione e con competenze di dubbia attestazione, quali quelle del consulente familiare, dell'esperto in materia di bioetica e del mediatore familiare, il cui tentativo di istituzione è stato respinto lo scorso mese di aprile dalla sentenza n. 131/2010 della Corte Costituzionale".

"Non comprendendo, dunque, - concludono i presidenti dei tre ordini - né da quale considerazione l'iniziativa legislativa tragga la sua origine, né gli effettivi obiettivi di cambiamento che essa si pone, né, infine, se la proposta vada ad aumentare il Fondo regionale o a diminuirlo, l'Ordine degli Psicologi del Lazio, l'Ordine provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri e l'Ordine degli Assistenti Sociali del Lazio intendono esprimere la loro contrarietà alla proposta n. 21".

 

 

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